venerdì 17 dicembre 2021

Saggio o concerto?

 Da un mio articolo del 2018:


La differenza tra "recita" o "saggio" e concerto

Nelle locandine degli eventi del mio studio, qualcuno potrebbe rimanere stupito dal fatto di leggere sempre "concerto" e mai "saggio" o, peggio, "recita".

Dietro a questa scelta lessicale c'è un motivo preciso che ora vi spiego.

A mio parere, come ho detto più volte e continuerò a sottolineare, i bambini hanno (avrebbero...) il diritto a ricevere la miglior formazione possibile, di alto livello, fatta da persone competenti e specializzate nel settore della prima infanzia. Infatti, tale formazione andrebbe iniziata il prima possibile, fin dal nido d'infanzia se possibile. Attenzione, però, questo non significa riempire i bambini di corsi ed attività senza lasciare loro neppure un minuto libero. Ma significa che le persone che si occupano di loro, che insegnano, che li educano, dovrebbero essere adeguatamento formate, specializzate e motivate, proprio perchè l'educazione e l'insegnamento nella prima infanzia sono quanto di più complesso ci possa essere. E' importante gettare, in qualsiasi ambito (educazione, insegnamento, attività extra, sport, musica ecc...), basi solide e di alto livello fin da subito. Perchè i bambini lo meritano. Certo, a loro tutto questo non deve pervenire. Per loro deve essere tutto un gioco, piacevole, rilassante, motivante e coinvolgente. Niente deve mai essere stressante, prestazionale o carico di aspettative. I bambini devono giocare ed essere sereni ed a loro agio. 






Ma troppo spesso si pensa che con i bambini piccoli possa lavorare chiunque. Intanto "basta l'amore". Se poi si parla di bambini piccoli con disabilità, gli stereotipi la fanno da padrone. "Ma sì, tanto cosa vuoi che impari un bambini disabile .... cosa vuoi che capisca un bambino piccolo .... ci vogliono persone che gli diano amore". E, grazie a questa mentalità, assistiamo ad una situazione educativa e scolastica, a voler usare un eufemismo, imbarazzante. Educatori incapaci, insegnanti impreparati e rinunciatari, persone che, oltre a non insegnare nulla, fanno anche seri danni, di cui purtroppo si capisce la gravità solo con il passare del tempo.






Sì, perchè la formazione che si riceve nella prima infanzia può condizionare anche la vita futura. Soprattutto se il bambino ha un ritardo o delle difficoltà, il non ricevere interventi efficaci entro una certa età può compromettere tutta la sua vita. Ma se non ci sono difficoltà, un insegnamento di alto livello può comunque fare la differenza, e rendere il bambino una persona migliore, più felice e più competente e sicura di sè, rispetto ad uno "casuale" e generico.

A mio parere, i bambini meritano di poter imparare non solo bene, ma al livello più alto possibile, e di fare le cose seriamente e mettendo sè stessi completamente in ciò che fanno.

Ma, se ci pensate bene, loro già lo fanno. Per un bambino, qualsiasi attivit, gioco o evento di vita, ha un'importanza fondamentale e richiede concentrazione e dedizione assoluta. Guardate un bambino quando gioca, Lo fa con dedizione, impegno e passione, come se stesse davvero eseguendo un'azione di grandissima importanza o destinata a cambiare il mondo.

Solo da adulti subentrano la demotivazione, la noia e le azioni compiute in modo approssimativo.

Perchè i bambini piccoli, privi di senso del tempo, vivono tutto come se fosse "qui ed ora", e sono sempre "nel momento", completamente dediti a ciò che fanno.

Dunque, perchè non incoraggiare questa loro inclinazione, ponendoci NOI al loro altissimo livello, e capendo che i piccoli non agiscono " tanto per",  ma desiderano e meritano il meglio?





E' difficile, lo so, ci vuole preparazione, competenza, passione, volontà, tempo , e soprattutto tanto, tanto studio. Quando alcuni genitori mi chiedono: "Ma come fai? Come fai ad essere sempre tranquilla, paziente, positiva?", io rispondo "Sono una professionista del campo. Ho studiato". Perchè l'amore non basta, molto spesso neppure la passione basta, bisogna prepararsi, studiare, aggiornarsi. Lavorare con i bambini piccoli per professione, non per ripiego o solo "per amore".

Solo così riusciremo ad essere al livello dei bambini . Ed a capire che per loro non esistono "saggi" o "recite", eventi ideati e svolti "tanto per", per gioco, da dilettanti, per "finzione", o, peggio, per compiacere gli adulti, per dimostrare loro qualcosa o per soddisfare le loro aspettative. Questo è terribile, eppure sapete quante volte avviene? invece i bambini non devono niente a nessuno,  se non a loro stessi. Devono avere il diritto di svolgere attività vere, serie e organizzate con obiettivi specifici e mirati, obiettivi di cui il primo deve essere la loro felicità e soddisfazione.





Una "recita" è uno sfoggio di ciò che gli insegnanti hanno (o non hanno) fatto durante l'anno. E' per gli adulti e per soddisfare la loro vanità a spese dei bambini.

Un concerto è un evento durante quale un musicista, anche se di 3 anni!!, offre ad altre persone la propria arte, la propria gioia di suonare e di farlo con gli altri, il proprio amore per la musica e le proprie emozioni.

Riuscite a vedere la differenza??





E la cosa paradossale, è che, in base alla mia esperienza, per i bambini tutto ciò è chiarissimo. Per loro suonare ad un concerto e' una cosa seria. Hanno studiato giorni, mesi, se non anni per farlo. Hanno sviluppato competenze molto complesse, che ad un adulto che prova uno strumento potrebbero sembrare insormontabili. Si sono impegnati, hanno lavorato sodo. Si sono divertiti, sono stati insieme, hanno riso un sacco. Ma a volte hanno anche pianto. E tutto questo va loro riconosciuto.

Perciò non chiamerò mai i miei eventi "saggi", non sminuirò mai i miei bambini, e continuerò ad essere infastidita quando vedo adulti che, magari tra il pubblico, non prendono seriamente ciò che i bambini stanno facendo. A volte capita di sentire risatine se un bambino non ricorda una parte del brano o sbaglia a fare l'inchino. Ma sappiate che per il bambino questa è una cosa molto seria. Essere inteneriti da un bambino è meraviglioso, ma ridere di ciò che fa è bruttissimo.

Quindi, auguro ai miei allievi che stanno per suonare al loro primo appuntamento annuale.... BUON CONCERTO!




Divertitevi a fate capire agli adulti che spesso sono loro a dover imparare da voi.

E sappiate che, per quanto mi riguarda, io vi ammiro, vi stimo e voglio continuare ad imparare da voi.


martedì 30 novembre 2021

Ricerca della performance o allievi felici? : è possibile avere entrambi!

Nel mio lavoro ho la caratteristica di tenere gli obiettivi molto alti: non accetto mai meno del massimo che ognuno può dare e voglio che tutti raggiungano un'impostazione impeccabile e basi il più possibile corrette.





Per fare questo, però, non sono mai coercitiva e non forzo mai i bambini. Al contrario, preferisco procedere a piccoli passi, talvolta proprio piccolissimi e molto lenti, cercando di mantere la loro motivazione alta e di creare un'atmosfera di apprendimento e di lavoro sempre tranquilla e serena, senza stress nè obblighi di nessun tipo.

E senza "calendario" : pur avendo una programmazione precisa, con tempi medi ideali ed una struttura chiara di lavoro, metto in chiaro che tali tempi sono solo un'ipotesi ed assolutamente non un'agenda da seguire in modo rigido.

Non solo ognuno ha i propri tempi, soprattutto nel caso di allievi con difficoltà, ma, anche quando si tratta di bambini particolarmente brillanti e veloci, la mia priorità rimane il loro benessere e la loro serenità.

Quindi, se devo scegliere tra proseguire con gli esercizi tecnici ed il repertorio ed avere un allievo sereno, decido di fare un passo indietro ed opto per la seconda situazione, che a volte è anche funzionale al raggiungimento di esecuzioni ancora più precise del programma già studiato.

Per quanto io cerchi di creare motivazione, infatti, con una certa regolarità capita che, in corrispondenza dei passaggi di livello tecnico, i bambini abbiano momenti di crisi nei quali il timore di non riuscire prevale sull'entusiasmo nei confronti della novità, quindi preferisco rallentare ancora, ricordare al bambino ed alla famiglia che non stiamo facendo nessuna "gara" di apprendimento e che non ho fretta di procedere, e continuare con i nostri passettini, portati avanti, però, sempre con la massima precisione, attenzione ed accuratezza.




Conosco anche altre strategie per introdurre esercizi complessi nel programma, ma sono troppo difficili da spiegare in poche parole.

Sta di fatto che appena il bambino ha superato il momento di difficoltà, durante il quale comunque la nuova tecnica non è stata accantonata ma semplicemente presentata in un modo diverso, allora possiamo continuare spingendo di nuovo sull'acceleratore, ma la velocità della didattica rimane sempre calibrata sul singolo bambino e non è mai, e dico MAI, in funzione di una mia programmazione standard, di tempi prestabiliti o, ancor peggio, di aspettative mie o della famiglia.

Anche se i miei allievi iniziano a 2 anni, talvolta anche prima, non mi pongo mai l'obiettivo di creare piccoli geni, ma sempre quello di far crescere bambini felici.

Ginevra, 20 mesi




mercoledì 24 novembre 2021

"Violino adattato"? No, è violino e basta!

 

"Attività adattata": spesso si usa questa dicitura quando si parla di attività per persone con disabilità ... ma a cosa serve? Io insegno violino a tutti, compresi bambini piccolissimi con disabilità e difficoltà di ogni tipo... e ovviamente adatto il mio lavoro, però non all'allievo con disabilità, ma a TUTTI! 

Adatto la mia proposta, la metodologia di lavoro e la programmazione al bambino che mi trovo davanti, dunque ovviamente il mio corso di violino è "adattato", perchè se non lo fosse non riuscirei ad insegnare! Il termine adattato si riferisce talvolta ad ausili, modifiche, facilitazioni, ma, ancora una volta, non è detto che solo i bambini con difficoltà ne abbiano bisogno. Nel mio caso, ad esempio,quasi tutti gli allievi molto piccoli necessitano di qualche forma di supporto per la presa dell'arco, perchè la loro manualità non è ancora così sviluppata. Quindi dovrei chiamarlo "violino adattato"? No,è volino e basta, per tutti!





 Oppure, secondo un'altra definizione, adattato significa modificato per chi "non è in grado di usufruire della proposta come gli altri". Dato che io insegno le basi, tutti i miei allievi riescono invece a seguire il mio corso, qualcuno in modo un po' diverso, qualcuno con tempi più lunghi, qualcuno con un livello di supporto maggiore... ma, nei limiti del possibile, gli obiettivi a lungo termine sono gli stessi per tutti. Tutti i miei allievi "sono in grado", anche se la maggior parte di loro non arriverà mai a suonare a livello professionale, ma non è questo l'obiettivo di insegnare musica ai bambini, indipendentemente dal fatto che abbiano difficoltà o no. E le modifiche servono a TUTTI, perchè ogni bambino è diverso ed ognuno necessita di un approccio su misura, ma questo non vuol dire che qualcuno "non possa" imparare. 





Infine, la definizione di adattato può riferirsi ad attività che prevedano l'inclusione di persone con difficoltà ed altre senza. Ma c'è bisogno di sottolinearlo? Con i bambini, questo viene assolutamente naturale. I miei allievi non si fanno problemi di alcun genere, suonano tutti insieme, si accettano a vicenda, fanno amicizia. Ma sempre musica è, sempre orchestra è, sempre violino è. Non c'è nulla di adattato solo perchè qualcuno di loro ha più difficoltà di altri. E viceversa, ogni singola lezione è adattata, sempre, al singolo bambino. Perchè, credetemi, la Musica è Gioia per tutti.



E non sono d'accordo neppure con denominazioni del tipo "violino inclusivo", "violino speciale" o "diversamente violino" ... è violino E BASTA! NON è "speciale", NON è diverso per i bambini con difficoltà, è diverso PER TUTTI, perchè ognuno ha il proprio percorso personalizzato, ma sempre studio del violino è! Perchè bisogna pensare che se un bambino ha una disabilità allora debba seguire un percorso diverso? Per quanto mi riguarda, non è così.

domenica 26 settembre 2021

La Musica è gioia e le nostre lezioni tra impegno e divertimento!

 Sul mio canale Youtube trovate la playlist denominata "Lezioni" nella quale pubblico brevissimi estratti del mio lavoro con i bambini.

Mentre vi iscrivete al canale, vi spiego cosa vedrete in questi primi video.

1) Lezione con Achille, 2 anni:




A poco più di 2 anni, con un violino da 1/64 !!, il piccolissimo Achille padroneggià già alcuni aspetti della tecnica dell'arco, suonando ritmi piuttosto complessi per il suo livello e addirittura eseguendo le riprese d'arco, nelle quali bisogna sollevare l'arco dalla corda, disegnare un cerchio nell'aria e tornare al punto di partenza, controllando la punta dell'arco e la presa dello stesso. Non è una competenza tecnica semplice come potrebbe sembrare, pensate che di solito a 2-3 anni un bambino non è neppure in grado di tenere l'arco correttamente, invece Achille, che possiede una manualità parecchio sviluppata per la sua età, non solo ha un'ottima presa, ma produce anche un bel suono e controlla l'arco nelle riprese.

Chi ben comincia...😊


2) Lezione con Artemisia, 5 anni



Artemisia, che ha appena compiuto 5 anni, sta imparando a suonare sulla corda di Re, e in questo video si esercita sul cambio di corda e sull'impostazione della mano sinistra, che deve rimanere pronta per suonare e con le dita curve compatte anche quando si cambia corda o si utilizza un dito per volta. Ospite speciale della lezione, la sorellina Amaranta, 4 mesi e già spettatrice assidua delle nostre lezioni!



3) Lezione con Margherita, 5 anni




Margherita ha iniziato le lezioni in presenza da meno di un mese, dopo svariati mesi di incontri solo online. Nonostante la didattica a distanza sia inevitabilmente più complessa, la bambina ha acquisito una buonissima impostazione, una corretta presa dell'arco e soprattutto dimostra motivazione ed entusiasmo, come potete vedere in questo video stupendo nel quale suona per le strade di un paese di montagna!


Nel video della lezione, invece, stavamo perseguendo l'obiettivo di eseguire 10 volte il ritmo della prima variazione di Bella Stella, con un bel suono ma con aiuto, per poi gradualmente arrivare a farle suonare l'esercizio in autonomia (l'obiettivo finale saranno 24 ripetizioni consecutive indipendenti).



4) Lezione con Sofia, 6 anni


Dopo soli 2 anni di lezioni, Sofia sta già studiando il 2^ Volume Suzuki, e in questo video sta iniziando ad apprendere il fraseggio, quindi la direzione melodica della frase musicale e come concluderla. Il brano è la Musette in Re Maggiore di Bach, e ,come potete vedere, all'inizio io cerco di "esagerare" la chiusura della frase per "amplificare" il concetto che voglio far passare, strategia che utilizzo spesso con i bambini piccoli, per poi ridimensionare il tutto in un secondo momento.

Tuttavia, Sofia è una bambina molto musicale e comprende alcuni concetti anche in modo naturale ed istintivo, proprio grazie ad una particolare sensibilità unita ad orecchio e senso del ritmo.




5) Lezione con Maria, 9 anni


In questo video, Maria lavora sulla ricerca di un'impostazione naturale e sul rilassamento delle spalle, delle braccia  e delle mani. Per farlo, esegue un brano che conosce molto bene, e che tuttavia non è semplice da eseguire se ci si sta concentrando su tanti altri aspetti contemporaneamente!

Ma lei ha compreso molto bene lo scopo dell'esercizio, infatti riesce a rimanere decisamente più rilassata del solito e, avendo continuato lo stesso lavoro anche a casa, nelle settimane seguenti ha iniziato a fare importanti progressi in questa direzione:


6) Lezioni di musica da camera 25 Settembre 2021


In queste lezioni, svolte con allievi tra i 2 e gli 8 anni, gli obiettivi principali erano il raggiungimento di un buon insieme nell'esecuzione e di un'intonazione il più possibile precisa.

Prima di eseguire i brani per intero abbiamo ripassato insieme alcune scale, svolto giochi sia sull'insieme che, soprattutto, sull'intonazione, e studiato i pezzi suddivisi in parti più brevi.

In questi incontri può sembrare che i bambini studino sempre lo stesso repertorio, ma in realtà i pezzi sono solo un mezzo per raggiungere obiettivi tecnici e musicali, quindi non è tanto importante cosa  suonano, ma ciò che conta è come lo fanno.

I più piccoli apprendono principalmente il senso del ritmo e le modalità per suonare insieme e con l'accompagnamento del pianoforte, gli allievi più avanzati, invece, lavorano anche sulle dinamiche, i colori, il saper suonare a più voci e l'espressività dell'esecuzione.


L'importanza di suonare in gruppo è testimoniata anche dalle occasioni più informali in cui si trovano i bambini, nelle quali, anche senza di me, si divertono a suonare insieme, sperimentare ed improvvisare, con la musica come tramite, mezzo di comunicazione e collante che fa nascere amicizie molto importanti e durature.

Ad un certo punto del percorso, il violino diventa la loro voce ed un amico che li accompagna ovunque, e questo forse è l'obiettivo più importante del lavoro che facciamo insieme.


Maria, Francesca, Noemi, Inès


mercoledì 8 settembre 2021

Dati ed oggettività : La misurazione toglie "anima" al lavoro didattico?

 Quando dico che, a mio parere, nella didattica, anche musicale, è utile avere dati oggettivi, quindi non "voti" soggettivi ma dati numerici che misurino il livello di apprendimento, trovo una certa resistenza. Molti pensano, infatti, che la musica non andrebbe misurata, perchè ciò toglierebbe "anima" ed artisticità all'esecuzione, e che nella didattica la misurazione toglierebbe potenza alla spontaneità della relazione umana, riducendo i bambini e noi stessi a numeri, freddi ed impersonali. Non è così. Intanto, ciò che misuro, non è la personalità o il "talento" del bambino, ma il suo COMPORTAMENTO, il suo livello di apprendimento in base a criteri didattici specifici e mirati. Avere dati oggettivi serve a me ed ai genitori per capire se il lavoro che stiamo facendo stia procedendo nella direzione sperata (qualora non fosse così, cambierei immediatamente modalità di lavoro e programmazione), infatti i dati NON sono voti e non sono diretti ai bambini. Poi, l'oggettività non è qualcosa che toglie, ma qualcosa che aggiunge valore al mio lavoro. La relazione, le emozioni, la passione, la spontaneità ci sono sempre e comunque, e rimangono la base ed il fulcro del mio lavoro con il bambino. Ma esse vengono migliorate e non sminuite da numeri, grafici e tabelle, che sono quindi qualcosa in più, che fornisce maggiori informazioni,ma non toglie nulla.





domenica 22 agosto 2021

Settembre 2021 : arrivano i Servizi Psicologici de La Musica è Gioia!

La Dott.ssa Francesca Raimondi (Psicologa dello Sviluppo e dell’Educazione, iscritta all’Albo degli Psicologi della Regione Lombardia nr. 16085) offre anche i seguenti servizi rivolti a bambini, adolescenti, genitori, atleti e performer, squadre ed allenatori:






COLLOQUI DI SOSTEGNO PSICOLOGICO

per bambini dai 6 agli 11 anni

per adolescenti (12-17 anni)

per genitori di bambini con disabilità

PSICOLOGIA DELLO SPORT

consulenze e supporto per atleti, squadre ed allenatori

Mental Coaching ed esperta in Performance umana

formata e in collaborazione con Psicologi dello Sport Italia

www.psicologidellosport.it

Iscr. all’Albo degli Psicologi della Regione Lombardia nr. 16085

AREE DI COMPETENZA E SPECIALIZZAZIONE

Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione ad

indirizzo cognitivo comportamentale

Analisi Applicata del Comportamento (Tecnico ABA)

Disabilità e disturbi dello Sviluppo

Educazione Speciale

Psicologia dello Sport e Mental Coaching

Mindfulness (Mindfulness Based Cognitive Therapy)

Educazione Razionale Emotiva

Acceptance and Commitment Therapy ( formazione in corso)

CONTATTI :

EMAIL francesca.raimondi83@gmail.com

TEL. 333/9769686



sabato 21 agosto 2021

Il "premio": uno dei tanti stereotipi riguardo alla scienza del comportamento

 "Non voglio che mio figlio riceva premi, altrimenti crescerà convinto di dover fare tutto in cambio di qualcos'altro"



Questa frase racchiude in sè uno dei maggior stereotipi relativi all'approccio comportamentale ed alla scienza del comportamento, secondo il quale i bambini non mai dovrebbero ricevere "premi" perchè essi sarebbero diseducativi e la motivazione verso qualunque attività dovrebbe essere da subito ed esclusivamente intrinseca. 

Ho usato appositamente termini qualli "mai", "qualunque", "subito" ed "esclusivamente" per mettere in evidenza la rigidità di questo tipo di pensiero, che si basa sul rifiuto della "psicologia del bastone e della carota" che, tuttavia, viene dal senso comune e non ha niente a che vedere con l'analisi del comportamento, che invece è scientificamente provata e riconosciuta e, quindi, efficace e per nulla diseducativa, anzi.

Per iniziare: i rinforzatori non sono premi. Rinforzatore è tutto ciò che aumenta la probabilità di emissione di un determinato comportamento, e quindi non deve essere per forza qualcosa di positivo, ma può essere anche ciò che a prima vista potrebbe sembrare una punizione, faccio un esempio : a scuola, un ragazzo fa confusione perchè non vuole seguire la lezione - l'insegnante lo manda fuori dall'aula- il comportamento di fare confusione verrà ripetuto più spesso in futuro perchè ha ottenuto la conseguenza sperata- ovvero l'allontanamento dall'aula di lezione (rinforzo negativo).

Ma anche il rinforzo positivo può avvenire tramite conseguenze che a prima vista potrebbero non sembrare piacevoli : alcuni bambini, ad esempio, hanno come rinforzatori attività o stimoli sensoriali, quali suoni o rumori, che la maggior parte delle persone potrebbero considerare sgradevoli, eppure per loro agiscono come rinforzatori.

Ho conosciuto bambini che erano estremamente attrati dai rumori dei motori, dell'aspirapolvere, dei palloncini che scoppiavano,della lavagna che veniva grattata... non i classici "premi", direi!



Abbiamo stabilito, perciò che rinforzatore e premio sono due cose diverse.

Parlando, invece, della motivazione verso alcune attività, non è realistico aspettarsi che essa sia sempre, da subito e totalmente intrinseca, o che sia possibile far amare ai bambini qualsiasi attività per il piacere che essa comporta. Semplicemente perchè, è oggettivo, alcune attività non sono piacevoli : per rimanere nel contesto della didattica musicale, tecnica pura, scale, studi ed esercizi quotidiani non sono divertenti. Certo, possono diventarlo, ma non dall'inizio e non per bambini piccoli.

Utilizzare rinforzatori (che, NO, non sono premi, ma che possiamo considerare in una prima fase obiettivi) esterni e concreti, quali stickers, palloncini, piccoli giochi, figurine ed altro, in una fase iniziale e per un tempo limitato, non è nè diseducativo nè sbagliato, perchè aiuta il bambino ad associare l'attività nuova e sconociuta a qualcosa di conosciuto che apprezza già, ed inoltre gli insegna ad impegnarsi e persistere per raggiungere un obiettivo.




D'accordo, l'obiettivo iniziale non sarà l'attività stessa, ma qual è il problema? Non vi è mai capitato di andare in palestra inizialmente per dimagrire e per fare una migliore "prova costume" per poi scoprire che allenarvi vi piaceva e vi dava soddisfazione di per sè?

La parte più importante di tutto questo risiede in tre aspetti relativi all'utilizzo di rinforzatori concreti:

1) Dato che l'analisi del comportamento è scientifica, bisogna stabilire prima come essi andranno "sfumati", ovvero gradualmente ridotti e poi tolti, perchè essi NON dovranno essere lo scopo e l'obiettivo del nostro lavoro, che sarà invece la motivazione intrinseca, per l'attività in sè

2) Grazie al lavoro descritto al punto 1, la durata dell'utilizzo di questi rinforzatori sarà breve, più breve possibile, e limitata solo ad attività più impegnative e meno intrinsecamente motivanti fin dall'inizio

3) A differenza dell'approccio popolare del "bastone e la carota", nella scienza del comportamento NON si usano punizioni ... niente bastone quindi! Se non in casi estremi ed in una forma che non prevede mai nessun tipo di punizione come essa viene comunemente intesa dall'educazione popolare.

Ultima considerazione : i rinforzatori non sono solo giochi, cibi, medaglie o oggetti concreti, ma possono essere, come avrete ormai capito, anche altre attività (fare musica da camera, orchestra, giocare con gli altri bambini) oppure parole, complimenti, feedback e conseguenze non tangibili ma astratte.

Ed a chi ancora dice "Non voglio che mio figlio si senta dire bravo, perchè crescerà convinto che il suo valore personale dipenda dall'approvazione degli altri", spiego:

da insegnanti, educatori, ma anche da genitori bisognerebbe sempre dare ai bambini feedback che non coinvolgano la persona e l'immagine di sè, ma che siano invece mirati, dettagliati e specifici riguardo al  comportamento o al compito svolto.

Dire "Ti sei comportato bene" non equivale a dire "Sei un bravo bambino" o "Sei stato cattivo", così come dire "Complimenti! Hai letto molto velocemente" non è la stessa cosa rispetto ad un generico "Bene, il tuo voto è 10"


Una comunicazione di questo tipo, quindi, non mina in alcun modo l'autostima del bambino e non crea nessuna connessione tra la sua performance ed il suo valore come persona, ma anzi gli spiega in modo chiaro e preciso che cos'ha fatto correttamente e dove può ancora migliorare.

Quindi non ha senso dire "Non voglio che mio figlio si senta dire bravo", perchè invece è fondamentale che un allievo abbia un quadro chiaro di quello che sta facendo e sappia esattamente come migliorare ed apprendere ciò che gli viene insegnato.

Infine, vorrei chiarire che tutto ciò NON esclude l'apprendimento spontaneo, la creatività e l'autonomia, ma anzi li incoraggia, li incrementa e li rafforza.

Tutte le altre idee sono solamente l'espressione di stereotipi e pregiudizi di chi non conosce alcuni approccio psicoeducativi e quindi crede che essi abbiano come obiettivo la "sottimissione" dei bambini e la loro svalutazione come persone rispetto agli adulti, cosa che non avviene mai e in nessun caso, dal momento che al contrario, l'obiettivo finale del nostro lavoro è sempre l'indipendenza e la formazione di  persone uniche, autonome, libere e serene, che però avranno più strumenti per vivere una vita ricca e soddisfacente.














giovedì 12 agosto 2021

Suonare bene da piccoli: criteri di apprendimento ed obiettivi della didattica per i più piccoli

 Quando pubblico i video dei miei allievi più piccoli, tra i 2 (talvolta anche meno) ed i 4 anni di età, ricevo spesso critiche, Non Mi piace o commenti confusi e perplessi da parte di chi non ha idea di cosa significhi non solo suonare uno strumento, ma ancor di più farlo da piccolissimi.

Mi piacerebbe, quindi, spiegare gli obiettivi ed il significato del mio lavoro, per evitare di ricevere critiche sterili da chi non sa cosa faccia e si aspetterebbe qualcosa di diverso.

I commenti più frequenti riguardano il livello di difficoltà dei brani e degli esercizi, infatti le persone dicono che "si aspetterebbero di più", pensando forse ai bambini che a 5-6 anni suonano i Concerti di Mozart, brani virtuosistici di autori quali Wieniaswski o Sarasate o i Capricci di Paganini ... non mi piace usare il termine "bambini prodigio", perchè di prodigioso hanno poco, dato che l'80% di ciò che fanno è frutto di impegno e di duro lavoro.

Altri dubbi possono essere relativi alla potenza ed alla qualità del suono, senza pensare che uno strumento grande 1/64 di quello definitivo (1/64!!) non potrà mai avere lo stesso volume di suono di un violino di dimensione 4/4.




A volte mi è anche stato detto che i bambini "suonano meccanicamente, senza anima" o che "se non sanno leggere le note, come fanno a suonare?"

Insomma, come potete vedere, le motivazioni di chi muove questo genere di critiche sono basate su una mancata conoscenza della "materia" e su di una cultura musicale molto superficiale ed incompleta.

Per capire meglio cosa faccio, e quali siano gli obiettivi delle basi dello studio del violino secondo il metodo Suzuki, vi elenco quindi i criteri di apprendimento generali del mio corso per i primi due anni di violino:

1) Acquisire una postura corretta, rilassata e bilanciata

2) Acquisire una presa dell'arco corretta

3) Raggiungere un'impostazione esatta del violino

4) Raggiungere una corretta tecnica d'arco di base

5) Produrre un suono di buona qualità (senza suoni "grattati", "schiacciati" o "filati")

6) Saper eseguire ad orecchio alcuni brani del primo Volume Suzuki su una corda sola o su due corde (senza dita della mano sinistra, per eseguire l'accompagnamento) o con tutte le dita della mano sinistra (suonando le note, quindi la melodia) con il ritmo e le arcate corrette

7) e, se si suona con le dita, con l'intonazione corretta almeno per il 90-95% delle note eseguite





In base agli obiettivi elencati, potete capire che i criteri non riguardano:

1) La difficoltà dei brani

2) La potenza del suono oltre i limiti della dimensione del proprio strumento

3) La lettura delle note

4) L'interpretazione del brano


Queste sono competenze che arrivano molto dopo, non certo a 2-3 anni!!


Nicholas a 2 anni


La difficoltà dei brani è in effetti, per alcuni insegnanti, un criterio fondamentale, perchè pensano che la motivazione cresca quanto più il bambino è in grado di suonare pezzi complessi, ed anche per una sorta di "show off" nei confronti del pubblico dei "saggi" (ed il motivo per cui io organizzo concerti e non saggi è proprio questo)  e dei genitori che pensano che il loro bambino sia più bravo quanto più esegue brani difficili.

Al contrario, io miro ad un'esecuzione il più possibile corretta ed accurata di un repertorio alla portata del bambino, anche di una sola nota a volte, ma eseguita perfettamente, con un bel suono, il controllo dell'arco, l'impostazione esatta ed il ritmo corretto.

Non mi interessa che suonino concerti per violino o pezzi virtuosistici, magari anche male, per "fare scena" o per sentirsi più bravi, perchè personalmente gestisco la motivazione con altre tecniche.

Nel metodo Suzuki, inoltre, gli allievi iniziano a suonare senza leggere le note, ad orecchio e memorizzando il repertorio - fino a quasi 30 brani nel Volume 1 - per sviluppare l'orecchio stesso, la capacità di ascolto e di feedback su ciò che fanno. Poi più avanti inizieranno a leggere, bene e senza problemi, come tutti gli altri.

Quindi "come fanno" a suonare se non sanno leggere? Suonano ad orecchio! E pezzi anche difficili (quale, ad esempio, i Minuetti di Bach o la Gavotta di Gossec, 3 minuti e 50 comprensivi di molte difficoltà tecniche, tante note anche veloci, ritmi complessi e colpi d'arco vari ed avanzati per il loro livello)



Infine, sulle dinamiche (piano, forte..) e sull'agogica si inizia a lavorare abbastanza presto, ma difficilmente troverete in un bambino piccolo l'espressività e la capacità di intepretazione che osservate nei grandi solisti, perchè un bambino ha raramente la maturità tecnica ed emotiva per esprimersi attraverso lo strumento, dato che prima deve acquisire le basi tecniche ma anche la consapevolezza personale e psicologica che gli permettano di farlo.

Dopo alcuni anni, ci sono bambini che suonano in modo molto espressivo ed intenso, con temperamento e comunicativa, ma solo se hanno un minimo bagaglio tecnico, altrimenti non sono in grado di esprimere le proprie emozioni se sono impegnati e tenere sotto controllo tutti gli aspetti di base.

Potete vedere, ad esempio, Noemi, che a 9 anni e mezzo riesce ad esprimersi molto bene, ma lei suona da diversi anni e quindi è più "libera" rispetto ad un allievo di 3 anni:



Per concludere, quindi, vorrei mostrarvi due video di allievi molto piccoli chiedendovi di provare ad analizzarli in base ai criteri di cui sopra... e vedrete che si tratta di due bambini estremamente competenti nel violino per la loro età, dato che, a 2 e neppure 4 anni, riescono già a suonare con l'impostazione corretta, un bel suono (vi ricordo che stiamo parlando di violini grandi quanto una lattina di Coca Cola!!), il ritmo preciso e le note giuste.... alla loro età è QUESTO che conta!!

Achille, 2 anni e mezzo:



Alys, quasi 4 anni:




giovedì 3 giugno 2021

E se il bambino non impara??

 

“Da bambino ho iniziato a suonare, ma poi ho smesso perchè ero negato”, “All'esame di ammissione non mi hanno preso, perchè non avevo doti musicali”, “L'insegnante mi ha guardato le mani e mi ha consigliato un altro strumento, perchè avevo le dita troppo corte per il violino”, “Mio figlio ha studiato pianoforte per un anno, poi ha lasciato perdere perchè non aveva risultati”, “Mia figlia non è capace di suonare, non ha orecchio”...

quante volte avete sentito o pronunciato voi stessi frasi di questo tipo? Quante volte in ogni ambito, anche nello sport, nella scuola o nella vita quotidiana, avete pensato che vostro figlio non fosse in grado di imparare “perchè non era portato” o perchè non vedevate risultati?





Avete ragione: non sempre i risultati di apprendimento ci sono, ma vi dò una notizia: questo NON dipende dal bambino. E NON dipende dalla mancanza di “doti” o di “talento”.

Può capitare che un bambino non impari, che un allievo resti indietro, non stia al passo con gli altri, non acquisisca le competenze attese o addirittura peggiori, ma le ragioni sono quasi sempre le seguenti:


  • Manca la motivazione : il programma è noioso, ripetitivo, poco sfidante, troppo difficile, proposto nel modo sbagliato o con le modalità sbagliate. Il bambino inizia magari con la giusta motivazione, poi inizia a non divertirsi più, si annoia,non vede nessun scopo e non prova nessun piacere in ciò che sta facendo, di conseguenza non impara, e smette.

  • Manca la relazione tra bambino ed insegnante: quest'ultimo non è in grado di comunicare in modo efficace, non comprende l'allievo, non lo ascolta, a volte urla, sgrida, punisce, spesso è una persona frustrata o incapace di controllare le proprie reazioni emotive. Qui l'apprendimento non avviene perchè è mancata la fase di pairing, ovvero di associazione tra il docente e qualcosa di positivo per l'alunno.

  • Manca una corretta definizione degli obiettivi: il cosiddetto goal setting non è chiaro, non è esplicitato al bambino o alla famiglia (non si capisce dove vogliamo andare a parare), non è proprio stato fatto, oppure gli obiettivi (vedi sopra) sono troppo alti o, più spesso soprattutto in caso di disabilità, troppo bassi. “Intanto non può imparare- intanto non ce la fa”, questa è la frase più ricorrente. E' ovvio che se un allievo non cammina, difficilmente potrà vincere la maratona (in teoria), o se non vede non potrà leggere lo spartito (a meno che non sia, ad esempio, in Braille), ma anche pensare che un allievo “non possa” imparare “perchè” ha una difficoltà o una disabilità, non ha senso, dato che non esiste nessuna relazione di causa effetto tra queste due situazioni.

    Se, al contrario, gli obiettivi sono ben calibrati e raggiungibili, ma NON troppo semplici, l'allievo li raggiungerà quasi sicuramente, soprattutto se l'insegnante avrà un'idea chiara delle tempistiche degli stessi e non si farà prendere dall'ansia o dalla fretta di raggiungerli.




  • Mancano la partecipazione e la motivazione della famiglia/Manca uno studio o allenamento costante e quotidiano: quando si parla di bambini, questi due aspetti necessariamente coincidono. E' irrealistico aspettarsi che un bambino di 3,4 ma anche 8 o 9 anni abbia la consapevolezza e la maturità per studiare da solo ogni giorno, se prima non è stato condotto un lavoro mirato e sviluppare tali competenze. Il coinvolgimento attivo della famiglia, dunque, è fondamentale, e se i genitori non sono interessati o motivati, per forza di cose il bambino non studierà a casa, o lo farà in modo discontinuo e poco efficace, e prima o poi il livello di apprendimento calerà, fino ad un certo punto a fermarsi del tutto.

    Mi è capitato che alcuni genitori mi dicessero “ Voglio che mio figlio si diverta e basta, non mi interessa che impari”. Legittimo, ma io non lavoro così. L'apprendimento non è un obbligo o una schiavitù per il bambino, ma al contrario è qualcosa che i bambini piccoli vogliono, ricercano ed amano. Quindi, se non imparano dipende da noi.

    Per loro giocare ed apprendere è la stessa cosa, ma se noi non abbiamo voglia di impegnarci,i risultati del nostro comportamento ricadranno su di loro, che perderanno un'opportunità enorme di crescita e di sviluppo. A causa nostra.

Dunque , io sono un'insegnante, ed insegno. Se non vi interessa che vostro figlio impari, portatelo in ludoteca, posto bellissimo ma mirato al gioco, non all'apprendimento.

Io insegno attraverso il gioco, il divertimento e la motivazione, ma con obiettivo di apprendimento...i bambini si divertono ed imparano senza saperlo, ma noi adulti siamo consapevoli che in realtà dietro allo studio dello strumento c'è ben di più.

Se un bambino non impara, in conclusione, talento, doti e capacità innate non hanno alcun ruolo, ma , come potete vedere, i fattori che entrano in gioco sono altri, e la responsabilità è sempre di noi adulti.

A mio parere, i piccoli meritano invece possibilità, opportunità ed occasioni di crescita, ma sta a noi offrirle loro ed incentivare nel modo migliore possibile il loro percorso di vita.








lunedì 31 maggio 2021

OGGI VORREI SPIEGARVI...

 Oggi vorrei spiegarvi una cosa importante: dietro alle immagini che vedete, e che in parte vi ripropongo, c'è tantissimo lavoro. Anche se, non essendo musicisti o insegnanti di violino, i brani e gli esercizi che svolgono i miei allievi possono sembrarvi facili, in realtà ciò che vedete è il frutto di mesi e mesi, quando non anni, di lavoro mirato alla ricerca della massima precisione possibile nei movimenti, nella posizione, nel suono, dell'eccellenza in ogni bambino e dell'apprendimento migliore e più elevato, anche in presenza di svantaggio, disabilità intellettiva o motoria, difficoltà e disabilità. Tenere l'arco correttamente, rimanere con i piedi fermi e con il violino in posizione, produrre un bel suono ed il ritmo corretto, cercare la giusta angolazione del mignolo, del pollice e la giusta forma della mano, ascoltare e correggere l'intonazione, sono tutte competenze molto elevate per bambini piccoli e con disabilità. Ma io non abbasso gli obiettivi, mai, non transigo sulla precisione e la correttezza in ciò che fanno, oserei anche dire che non semplifico e non chiedo "meno" a chi ha difficoltà, semplicemente permetto ad ognuno di raggiungere gli obiettivi con i propri tempi e con calma e serenità. Quindi ciò che state vedendo è il risultato del lavoro mio, ma soprattutto dei bambini ed ancora di più delle loro famiglie, che si mettono in gioco, imparano, si impegnano e lavorano con loro giorno per giorno, per settimane, mesi,anni e non si arrendono mai, e vi assicuro che in alcuni casi la complessità e l'impegno richiesti sono molto, molto elevati. Eppure tutti ce la fanno. Quindi la prossima volta che qualcuno vi dice che un bambino non può imparare "perchè è troppo piccolo", "perchè ha delle difficoltà", guardate i miei allievi e pensate che con l'impegno e con metodo di lavoro efficace tutti possono ottenere risultati straordinari.








domenica 4 aprile 2021

Piccoli violinisti : come trovare un equilibrio tra serenità ed apprendimento?

 Studiare uno strumento da piccoli è un'esperienza importante e meravigliosa, ma tuttavia non semplice, perchè un bambino di 3-4 ma anche 8 anni non riesce ancora ad essere autonomo nel lavoro a casa, ed è per questo che nel metodo Suzuki la famiglia riveste un ruolo fondamentale.







I corsi del metodo tradizionale prevedono la presenza del solo allievo a lezione, addirittura anche nei corsi di propedeutica proposti a bambini tra i 3 ed i 6 anni, nella convizione che il percorso musicale debba essere un'esperienza "del bambino", che tuttavia in questo modo rimarrà per forza di cose confinata all'ora settimanale di lezione, e quindi non produrrà apprendimento, o nel migliore dei casi darà risultati di apprendmento molto lenti, approssimativi e di scarso impatto sulla vita del bambino.

E' ovvio che con i piccoli si debba trovare un equilibrio ottimale tra obiettivi di percorso e di performance, argomento che sto studiando durante il master in Psicologia dello sport e della performance e che trovo molto interessante. Quindi non si può pensare di voler crare "piccoli geni" che suonano Paganini a 4 anni a discapito della serenità e del benessere dell'allievo, perchè sarebbe poco etico, forzato ed a lungi termine anche dannoso, ammesso che il bambino continui a studiare strumento in futuro.

Però a mio parere non è neppure infattibile porsi obiettivi di performance anche piuttosto elevati ed in bambini piccolissimi (i miei allievi iniziano a suonare a  2/3 anni), a patto che lo scopo del nostro lavoro sia quello di stimolare in loro la passione, l'entusiasmo ed il benessere, vivendo la musica come un momento di gioco e divertimento, ma al tempo stesso imparando al massimo delle loro possibilità, che a quell'età sono virtualmente infinite e vanno solamente tirate fuori e sviluppate.




Sì, ma come fare a far apprendere un bambino piccolo senza essere coercitivi, senza obblighi, imposizioni e forzature, ma al tempo stesso ponendosi obiettivi elevati?

La mia risposta è la seguente: per prima cosa, è fondamentale coinvolgere e formare la famiglia, che va seguita ancora di più del bambino e va educata a comunicare con lui in modo positivo, ad essere serena, tranquilla e propositiva ma senza permettere che il bambino percepisca su sè stesso aspettative di alcun tipo, se non la fiducia nelle sue capacità e la disponibilità da parte dell'adulto di seguirlo e supportarlo sempre, al di là dei suoi risultati ed indipendentemente da eventuali crisi, difficoltà o errori.






Poi va strutturato un programma di lavoro chiaro ed individualizzato sul singolo allievo, da applicare sia durante la lezione, alla quale parteciperà sempre il genitore- almeno fino ai 10/11 anni- anche se con un ruolo che evolverà nel tempo, sia durante lo studio a casa. Lo studio a casa dovrà essere quotidiano, breve ma efficace, strutturato e motivante, secondo un programma di studio proposto dall'insegnante ma concordato con la famiglia e, per gli allievi più grandi (dai 6/7 anni) con il bambino, che sia dettagliato nei tempi e nelle modalità, basato sugli interesse dell'allievo e realistico in base al contesto in cui dovrà essere realizzato- caratteristiche dello studente e della famiglia, impegni del genitori, presenza di fratelli o altro parenti, impegni scolastici ecc...

Nel mio caso, io insegno specifiche tecniche provenienti dalla mia formazione come psicologa e tecnico del comportamento, mirate ad incrementare motivazione e collaborazione del bambino con il genitore.




Per il resto, una volta che l'adulto sarà preparato, il bambino lo seguirà di conseguenza. I bambini piccoli non hanno paure o ansie da prestazione se non si insegna loro ad averle, ma provano qualsiasi cosa venga loro proposta con l'approccio corretto e si divertono a sperimentare, lavorare con impegno e serietà, ripetere all'infinito e raffinare i dettagli. Vanno solo educati a farlo, ma, se ci si riesce, loro non si pongono limiti... siamo noi adulti, semmai, a frenarli pensando che una determinata proposta sia troppo elevata, troppo avanzata o troppo complessa.




Ultimamente credo che la tecnica pura sia di grande utilità fin da piccoli, dunque a 3-4 anni i miei allievi studiano scale, arpeggi, colpi d'arco, esercizi tecnici per l'arco e per la mano sinistra, pizzicato, armonici, e poco dopo doppie corde,,  cambi di posizione, posizioni fisse, studi e tecnica che può sembrare "arida", ma non deve esserla per forza. Se gli esercizi vengono presentati come gioco, come un esperimento divertente e quasi magico per esplorare le potenzialità dello strumento e per suonare "come i grandi", i bambini li affrontano volentieri e non hanno paura di non riuscire, lo fanno e basta, provano e riprovano e se non riescono si fanno una bella risata!




Proprio perchè se noi adulti, insegnante e genitori, comunichiamo loro che l'errore è parte del processo di apprendimento e che a noi non importa quante volte sbaglieranno, ma solo se si impegneranno e divertiranno, allora i piccoli non si porranno nessun limite, e grazie a questo la loro autostima crescerà e si rafforzerà ogni giorno di più.

Accontentarsi di un'impostazione approssimativa, di esecuzioni lacunose e di uno studio impreciso e superficiale a mio parere non ha senso e non rende giustizia alle potenzialità dei bambini , perchè li sottovaluta e non stimola la loro curiosità ed il loro bisogno di apprendere e di sentirsi capaci.

Io pretendo sempre il massimo ma i miei allievi non lo sanno, eppure provano a raggiungerlo!

Escludere i genitori da questo processo non è mai la soluzione, ma invece si può lavorare insieme con serenità, costanza e senza stress per nessuna delle parti coinvolte, ma aiutando il bambino ad aggiungere ogni giorno un tassellino in più alle proprie competenza ed un mattoncino in più alla piramide che quotidianamente costruisce grazie alla crescità delle proprie abilità, con gioia, ma anche con impegno e fiducia.