UNA GRANDE SODDISFAZIONE
Ancora un brano. La pianista mi guarda, i bambini sono pronti, dò l’attacco e iniziamo.
Manca ancora un brano e poi la nostra audizione sarà finita.
L’Orchestra Musica è Gioia sta esibendosi per la prima volta ad un concorso nazionale,
nella bellissima cornice di un paese sul Lago Maggiore, e tra poco tutto sarà finito ed avremo il verdetto.
Non siamo venuti per il premio, ovviamente : i miei allievi sono piccolissimi ed ho voluto portarli
a questo concorso per far vivere loro un’esperienza nuova tutti insieme,
per far conoscere loro altri bambini che studiano musica, per incoraggiarli ad ascoltare un nuovo repertorio,
e per cementare la loro amicizia e lo spirito di gruppo.
La più piccola del gruppo ha appena 2 anni e mezzo, suona con il ciuccio in bocca!,
e dubito che per lei una medaglia voglia dire qualcosa. Inoltre il nostro gruppo è a dir poco eterogeneo,
e molto particolare, essendo composto da 20 bambini, in prevalenza tra i 3 ed i 5 anni,
e da qualche allievo “ grande” ancora più “particolare” :
Alessia è sorda ed ha la sindrome di Williams, Manuel, con problemi di vista e di sordità,
ha la sindrome di Charge e l’autismo, Sara e Claid sono due bambini con autismo …
Insomma, il direttore artistico e la giuria mi hanno detto di non aver mai visto un’orchestra così,
composta da bambini in età da scuola materna, qualcuno anche più piccolo,
da alcuni musicisti che quasi non parlano, e da una pianista sorda.
E tutti che suonano davvero, da soli, in completa autonomia, e anche bene.
Certo, non eseguiranno la Nona di Beethoven o la prima Sinfonia di Sibelius,
ma suonano, si impegnano, studiano, ed amano la musica.
Manca ancora un brano e poi la nostra audizione sarà finita.
L’Orchestra Musica è Gioia sta esibendosi per la prima volta ad un concorso nazionale,
nella bellissima cornice di un paese sul Lago Maggiore, e tra poco tutto sarà finito ed avremo il verdetto.
Non siamo venuti per il premio, ovviamente : i miei allievi sono piccolissimi ed ho voluto portarli
a questo concorso per far vivere loro un’esperienza nuova tutti insieme,
per far conoscere loro altri bambini che studiano musica, per incoraggiarli ad ascoltare un nuovo repertorio,
e per cementare la loro amicizia e lo spirito di gruppo.
La più piccola del gruppo ha appena 2 anni e mezzo, suona con il ciuccio in bocca!,
e dubito che per lei una medaglia voglia dire qualcosa. Inoltre il nostro gruppo è a dir poco eterogeneo,
e molto particolare, essendo composto da 20 bambini, in prevalenza tra i 3 ed i 5 anni,
e da qualche allievo “ grande” ancora più “particolare” :
Alessia è sorda ed ha la sindrome di Williams, Manuel, con problemi di vista e di sordità,
ha la sindrome di Charge e l’autismo, Sara e Claid sono due bambini con autismo …
Insomma, il direttore artistico e la giuria mi hanno detto di non aver mai visto un’orchestra così,
composta da bambini in età da scuola materna, qualcuno anche più piccolo,
da alcuni musicisti che quasi non parlano, e da una pianista sorda.
E tutti che suonano davvero, da soli, in completa autonomia, e anche bene.
Certo, non eseguiranno la Nona di Beethoven o la prima Sinfonia di Sibelius,
ma suonano, si impegnano, studiano, ed amano la musica.
E quindi eccoci qui, finiamo di suonare, facciamo l’inchino e poi i bambini tornano a sedersi ai lati del salone, ricominciando a giocare tra di loro, tutti insieme e incuranti delle differenze che caratterizzano alcuni di loro, proprio perché ognuno dei componenti di questo gruppo sa di essere diverso dagli altri per qualche ragione, e di essere una persona unica e speciale per questo …. Qui nessuno è “speciale” eppure tutti lo sono … per i loro amici, per i loro famigliari, per me. Per chi li appena ascoltati con emozione e divertimento, e per la giuria che tra poco darà loro un punteggio. E tornano a giocare, come fanno tutti i bambini quando si trovano insieme.
Dopo pochi minuti, la commissione inizia a leggere i punteggi, ed il nostro nome stenta ad uscire. Nei concorsi per studenti, i punteggi vengono comunicati in ordine crescente, quindi venire chiamati per ultimi è un vantaggio. E finalmente, sentiamo il nostro nome “Orchestra Musica è Gioia …. con punti 96/100 … PRIMO PREMIO!”
I bambini si guardano, increduli, ed all’improvviso corrono tutti verso di me, che mi sono avvicinata alla giuria. Mi abbracciano e si abbracciano tutti, ed io prendo in braccio la più piccola per consegnarle attestato e medaglia, e nella foto di rito si vede tutta l’orchestra sorridente ed entusiasta e questa bimba piccolissima con il ciuccio ed una medaglia più grande di lei.
Al contrario di quanto pensassi, questo premio ha significato tantissimo per loro. Diversi allievi hanno indossato la medaglia per giorni e l’ hanno portata a scuola, mostrandola ad amici ed insegnanti, ed hanno riascoltato molte volte la registrazione del concorso. Ecco il risultato dell’impegno di tutte le persone coinvolte in questo progetto, famigliari compresi, grazie ai quali niente di tutto questo sarebbe avvenuto: un’esecuzione pulita e precisa, un bel primo premio, e un’esperienza indimenticabile, che i miei allievi avrebbero rievocato per mesi e mesi chiedendomi “Quando torniamo al concorso?”.
Che dire, grazie a tutti, è stata davvero una grande soddisfazione!
LA MUSICA E’ GIOIA - QUANDO TUTTO E’ INIZIATO
La cosa buffa è che non saprei dire quando tutto questo ha avuto inizio. Fin da piccolissima, credo di aver sempre saputo che avrei fatto l’insegnante. Già a cinque- sei anni amavo giocare “alla scuola” ed insegnare ciò che sapevo ai bambini più piccoli, inoltre amavo la musica, cantavo, ballavo, ed a nove anni ho iniziato a studiare violino. All’Università ho studiato Psicologia dell’educazione, ma fin dal primo anno leggevo molti libri di didattica ed educazione speciale, lavorando nel frattempo come volontaria in una scuola per bambini con gravi disabilità.
Quindi, in un certo senso, Musica è Gioia è nata lì, ed il mio futuro era già “segnato”.
Contemporaneamente, infatti, studiavo al Conservatorio, e nel 2010 mi sono trovata con il diploma in violino e la laurea in Psicologia. Dato che l’Università di Parma aveva un orientamento comportamentista, nel quale mi riconoscevo appieno, in seguito mi sono specializzata in Analisi Comportamentale Applicata (ABA) , diventando tecnico del comportamento, ed in parallelo ho preso l’abilitazione al metodo didattico Children’s Music Laboratory (www.musicalgarden.it), affiliato al famoso metodo Suzuki, per l’insegnamento della musica ai bambini molto piccoli.
Insomma, di carne al fuoco ne avevo, ma non sapevo bene cosa farne. Nel 2009, per caso, un vicino di casa mi aveva proposto di insegnare violino a sua figlia di due anni e mezzo, e per qualche tempo ho insegnato privatamente o a domicilio, iniziando a sentire sempre di più dentro di me che quella era davvero la mia strada, era esattamente ciò che volevo fare nella vita. Così, nel 2014 è nato lo studio Musica è Gioia, che propone corsi di musica , propedeutica strumentale, violino e orchestra per bambini dai 6 mesi ai 10 anni anche con disabilità.
PERCHE’ INIZIARE PRESTO?
Come numerosi studi scientifici dimostrano, l’apprendimento è possibile durante l’intero corso della vita, e tuttavia trova il suo apice nella prima infanzia, in particolare entro i 3 anni. L’acquisizione di alcune abilità è possibile in modo semplice e spontaneo solo entro una certa età, e se, come sostiene Suzuki, imparare a suonare uno strumento ha importanti affinità con l’apprendimento di una lingua, allora prima si inizia, più facile sarà imparare a suonare, e tale apprendimento sarà naturale, spontaneo, piacevole e rimarrà per tutta la vita nella memoria procedurale e nel bagaglio di esperienze emotive e sociali del bambino.
Iniziare presto, quindi, ha come primo vantaggio la facilità con cui lo strumento può essere appreso. Anche nella mia esperienza, infatti, ho notato quanto sia notevolmente più complesso, per gli allievi più grandi, raggiungere in breve tempo un’impostazione accurata e precisa, un’intonazione impeccabile ed una buona tecnica di base, abilità che invece al bambino di 3-4 anni vengono naturali e non richiedono molte spiegazioni, e neppure consapevolezza e riflessione da parte dell’allievo.
I critici di questo approccio sostengono che “anticipare” alcuni apprendimenti sia nocivo, e che il bambino che impara a suonare a 3 anni avrà problemi da grande per aver ricevuto una stimolazione neurologica “erronea” perché troppo precoce. Beh, è esattamente il contrario : acquisire presto certe abilità permette di essere più abili e competenti da adulti, e di fare meno fatica a svolgere alcuni compiti che richiedono manualità, coordinazione, senso del ritmo (se ci pensate, molte nostre attività quotidiane sono basate su pattern ritmici e regolarità temporale) e capacità di ascolto.
I soliti critici, inoltre, sostengono che per un bambino piccolo avere “già” un impegno regolare possa essere coercitivo e stressante, e che sia meglio lasciarlo giocare e crescere libero.
Forse queste persone immaginano un bambino di 3 anni costretto per ore ed ore davanti ad un leggìo, a decifrare ed eseguire pagine di note e ritmi in modo meccanico e sempre uguale, senza il tempo per vedere gli amichetti, giocare o anche solo annoiarsi.
NON è così : per i piccoli suonare è un gioco, e se la lezione è ludica, divertente, varia ed adatta alla loro età, verranno a lezione con gioia ed entusiasmo ed ogni giorno vorranno imparare sempre meglio e sempre di più, divertendosi anche a casa a ripetere il programma insieme alla mamma ed al papà, durante tutto l’arco della giornata in brevi momenti di pochi minuti l’uno, ma ogni giorno, proprio come se stessero svolgendo qualsiasi altra attività quotidiana.
MUSICA E’ GIOIA PER LA DISABILITA’ – PERCHE’ NON E’ MUSICOTERAPIA?
Quando dico che sono un’insegnante per allievi con disabilità, le persone replicano “Ah, allora fai musicoterapia!”
… No, NON faccio musicoterapia … Io insegno violino.
L’idea che qualsiasi attività rivolta a persone disabili debba essere qualificata come “terapia” ( musicoterapia, ippoterapia, arte terapia, danza terapia e chi più ne ha più ne metta) mi è del tutto incomprensibile, e ad essere sincera mi infastidisce anche. Non capisco perché un bambino che ha difficoltà debba svolgere attività dedicate solo a lui, che, “poverino”, non sarebbe in grado di imparare come gli altri e di usufruire delle proposte educative ed extrascolastiche in nome di presunti gravi limiti nell’apprendimento, di disturbi del comportamento, dell’ “inaccessibilità della proposta didattica”, e talvolta persino dell’incapacità di apprezzare tale proposta.
Inoltre, io non credo che la musica sia una terapia. Penso che sia un’utilissima e quasi indispensabile attività educativa, che arricchisce un bambino con difficoltà come un coetaneo con capacità nella norma, e capace di dargli anche, sul lungo termine, “una marcia in più”, ma senza certamente essere la panacea per tutti i mali che viene venduta da alcuni “terapeuti”.
Soprattutto se viene confinata all’ascolto, alla ricezione passiva ed al massimo all’improvvisazione casuale, senza prima aver appresso nessuna base tecnica e strumentale, perché così “possono esprimersi liberamente”.
Ma la libertà e la capacità di espressione senza regole non esistono, non sono reali ma solo illusorie, quindi un bambino con autismo che sbatte le mani a caso sui tasti di un pianoforte è esattamente quello che sembra : UN BAMBINO che gioca con il pianoforte, non una “creatura fatata che fa cantare il suo cuore” … e continuando di questo passo non troverà certo un mezzo per esprimersi, né per apprendere nulla, ma continuerà a giocare casualmente come farebbe qualsiasi bambino.
E, dal momento che un bambino disabile è prima di tutto UN BAMBINO, anche lui deve avere come tutti l’opportunità di imparare a suonare, di studiare musica, e sottolineo STUDIARE, per poter crescere grazie ad essa, perché suonare uno strumento è appagante, gratificante, divertente, emozionante, utile ed arricchente.
Ed il violino insegna ad un bambino con disabilità proprio ciò che regala ad un coetaneo neurotipico : gioia, entusiasmo, emozioni, regole, disciplina, coordinazione, capacità di ascolto, di impegno, costanza, determinazione e possibilità di socializzazione. Non sarà “terapia” ma, se permettete, non mi sembra poco.
Adesso vi sfido a riconoscere nella foto qui sotto gli allievi con disabilità. Scommetto che non ci riuscirete, perché i bambini in questa foto sono tutti studenti di violino, indipendentemente dalle loro capacità o caratteristiche personali … sono tutti piccoli violinisti all’inizio del loro percorso, che per qualcuno sarà più complesso, ma non impedirà a nessuno di loro di imparare e di progredire, ognuno con i suoi tempi e le proprie possibilità.
IL METODO – COME SI INSEGNA IL VIOLINO A BAMBINI PICCOLI E DISABILI?
Come ho già accennato nei paragrafi precedenti, per arrivare a sviluppare un “mio” approccio ho studiato e sto studiando vari metodi, ho seguito come uditrice lezioni di molti insegnanti anche non violinisti, ho lavorato con bambini molto piccoli e con ogni tipo di difficoltà da quando avevo 20 anni (oggi ne ho 35), mi sono specializzata in alcuni interventi educativi, musicali e didattici, e lavoro ogni giorno seguendo un approccio in continua crescita ed evoluzione, coniugando le mie conoscenze teoriche, tecniche e pratiche con ciò che i bambini mi insegnano ad ogni incontro.
Non mi sento “arrivata” e non credo che la sarò mai, infatti non penso neppure di avere ancora sviluppato un “mio metodo”, ma di essere sempre alla ricerca e volta allo sviluppo dell’approccio più adatto a ciascun allievo che mi trovi davanti.
I punti cardine del mio approccio, non necessariamente in questo ordine, sono i seguenti :
1) Inizio precoce, il prima possibile ( entro i 4 anni, dopo un periodo di propedeutica strumentale CML)
2) Approccio ludico, divertente, personalizzato ed individualizzato
3) Insegnamento per imitazione, senza lunghe spiegazioni, e senza lettura o scrittura nei primi tempi
4) Coinvolgimento attivo della famiglia nell’esperienza didattica del bambino
5) Regole chiare, precise e inderogabili – autorevolezza e non autoritarismo
6) Utilizzo di strategie comportamentali : rinforzo, analisi funzionale,programmazione chiara per obiettivi, se necessario raccolta dati
7) Affiancamento alle lezioni individuali di lezioni collettive, orchestra, musica da camera
8) Gestione della motivazione sia del bambino sia della famiglia : partecipazione a concerti, concorsi, feste della musica, invio di relazioni e contatti regolari con la famiglia
Avere un approccio lontano dal metodo tradizionale, che imponeva ore di solfeggio prima di arrivare allo strumento e successivamente tecnica pura per sviluppare le basi, è indispensabile quando si lavora con bambini molto piccoli o con difficoltà, nei quali spesso la motivazione intrinseca verso lo strumento non è ancora presente, ma va sviluppata, incoraggiata e sostenuta. Dunque la lezione dev’essere interessante, divertente, ludica, flessibile per poter seguire gli interessi e gli input del bambino, e varia, ricca di parti brevi che si susseguono alternando fasi con lo strumento ad altre senza, momenti tecnici ad altri di esecuzione dei brani già appresi, ripetizione di canzoni, filastrocche, giochi, ritmi, movimenti e coreografie associate ai brani di studio. Il tutto che, se possibile, deve ruotare attorno ad uno o due obiettivi della lezione, proposti in diverse modalità ma ben chiari nella mente di chi conduce l’incontro.
Essendo l’unica insegnante del mio studio, inoltre, devo per forza inserire nella lezione momenti di ritmica/solfeggio/letto-scrittura e teoria, oltre al violino, perché altrimenti i miei allievi non potrebbero imparare la parte teorica e ritmica se non durante il primo anno di CML , che è collettivo e getta le basi per lo strumento.
Ispirandomi al metodo Suzuki, comunque, non introduco la lettura delle note se non dopo uno-due anni di pratica strumentale, quindi intorno ai 5/6 anni, quando il bambino, tramite il gioco, il ritmo, l’ascolto e l’imitazione ha già imparato le basi dello strumento e parte del repertorio iniziale, per il quale utilizzo testi di Suzuki, Sheila Nelson, A. Hayes, Sassmannshauss, Curci e brani popolari o trascrizioni.
Poi seguo gli interessi del bambino e, ad esempio, propongo giochi ed esercizi sul canto, la danza, il ritmo, la composizione o l’improvvisazione a seconda delle preferenze e dell’età di ognuno.
Qualunque sia l’età dell’allievo e indipendentemente dalle sue caratteristiche personali – sì, anche con i bambini con disabiltà! -, ritengo fondamentale dare regole che siano poche ma chiare, non negoziabili e soprattutto declinate in positivo. “Fai così” funziona molto meglio rispetto a “non farlo”, e l’autocontrollo, l’impegno e la disciplina sono le basi su cui si costruisce l’apprendimento e su cui, in un secondo momento con la crescita e la maturità, il bambino potrà poi decidere e creare le proprie regole personali, ma non senza prima aver imparato con chiarezza cosa può e non può fare nel contesto in cui si trova.
L’empatia, l’allegria, la gioia di suonare e condividere la musica e di emozionarsi grazie ad essa sono, comunque, i miei primi obiettivi, che trasmetto con un atteggiamento tranquillo, sereno, positivo ed entusiasta, teso ad evidenziare i punti di forza dell’allievo senza sottolineare gli errori o le lacune.
Agli allievi non dico mai “No”, “Non va bene”, “Hai sbagliato”, ed assolutamente mai “Non sei capace”, “Sbagli sempre”, “Non riuscirai ad imparare”, perché prima di tutto non voglio trasmettere loro un giudizio negativo sulla loro persona o la paura dell’errore, e poi sono DAVVERO convinta che TUTTI loro potranno imparare, miglioreranno e raggiungeranno i loro obiettivi. Se io credo in loro, i bambini stessi ed i genitori crederanno in sé stessi e nel percorso che stanno seguendo, e saranno motivati a continuare, impegnarsi e progredire.
La prova che davvero tutti possono imparare, obiettiva e scientifica, sta nella raccolta dati che effettuo sui progressi degli allievi.
Ad esempio, nel caso di un allievo con disabilità motoria, per il quale era difficile suonare senza la mia guida fisica, ho raccolto dati per alcuni mesi sul numero di note che riusciva ad eseguire da solo in ogni brano, ed ho avuto la prova dell’avvenuto progresso poiché il bambino è passato dal 2% al 98% di note autonome nell’arco di tre mesi.
Essendo psicologa e terapista ABA, so come effettuare una raccolta dati corretta in base agli obiettivi che mi sono prefissata e, di volta in volta, conteggio i miglioramenti nella precisione tecnica, ritmica, nei tempi di attenzione e di lavoro e nella capacità di rimanere fermo con lo strumento in mano, competenza che per i piccolissimi non è per niente scontata.
Invio periodicamente i dati alle famiglie, senza comunicarli mai agli allievi se non a quelli di almeno 10 anni che me li richiedono, proprio per non creare ansia da prestazione o timore dell’errore.
Avvalendomi di altre strategie comportamentali, preparo sempre un elenco dei rinforzatori, ovvero delle preferenze anche extra musicali del bambino da poter usare per incrementare la motivazione verso i compiti più complessi, e metto in atto il rinforzo dei comportamenti positivi, l’estinzione di quelli negativi, altre tecniche quali prompt, fading o shaping per insegnare specifici passaggi tecnici o la postura, ed evito sempre la punizione, che è provato non essere efficace ma a volte persino dannosa.
Per incrementare attenzione e concentrazione uso spesso, sia con i bambini piccoli che con quelli con difficoltà specifiche o ritardo, il timer e la token economy, un sistema di rinforzo che viene erogato in un tempo determinato. Grazie a tali strumenti ho avuto allievi che sono partiti da tempi di attenzione e di lavoro limitati ad appena 10” e sono arrivati, alcuni nel corso di anni, altri in pochi mesi, a ben 30-40 minuti di lavoro continuativo e, gradualmente, anche autonomo.
Claid, ad esempio (foto sotto), ha avuto per tutto il primo mese tempi di lavoro di 5-10 secondi per ogni esercizio, ma dopo un anno era in grado di lavorare, sia a lezione sia a casa, per un’ora consecutiva mantenendo attenzione e concentrazione costanti.
Avendo vissuto, da studentessa, esperienze negative associate al violino, non dimentico neppure gli aspetti psicologici dello studio di uno strumento e, se necessario, propongo agli allievi che manifestano un disagio emotivo giochi ed esercizi sulla consapevolezza, il riconoscimento e la gestione delle emozioni, soprattutto in concomitanza di appuntamenti pubblici, concerti o competizioni.
Con i più grandi , quando serve lavoro anche sulla gestione dell’ansia e sul rilassamento fisico, esercizi che, per fortuna, nei piccoli, che vivono la musica con maggiore spontaneità e naturalezza, a volte non sono neppure necessari.
L’ultimo punto, che forse dovrebbe però essere il primo, è relativo al coinvolgimento dei genitori nell’esperienza didattica del bambino.
A mio parere, un corso di violino non dovrebbe mai diventare un “corso parcheggio”, al quale i genitori accompagnano e “depositano” il figlio approfittando dell’ora di “libertà” per fare altro.
Al contrario, è cruciale che almeno un genitore partecipi attivamente a tutte le lezioni, fin dall’inizio, sfumando poi la sua presenza con la crescita del figlio, ma rimanendo sempre informato sul programma svolto, sull’apprendimento del bambino, sul metodo di studio da adottare a casa e sulle modalità per verificare che l’esercizio sia proficuo e proceda nella direzione corretta.
Con i piccolissimi, l’obiettivo non dev’essere quello di farli studiare tanto, ma di inserire invece il violino nella routine quotidiana, come momento di gioco e condivisione con i genitori, fratelli e parenti, suddiviso in più parti nel corso della giornata, trovando sempre il modo migliore per motivare il piccolo in base alle sue preferenze ed a ciò che propone o sceglie di fare in quel momento.
Per tenere “agganciati” i genitori, io instauro con loro un dialogo costante, spiego da subito il mio approccio, ascolto ed accolgo le loro eventuali obiezioni, dò suggerimenti su come ripassare a casa, preparo relazioni sull’andamento delle lezioni, raccolte dati, schemi e giochi per esercitarsi, e li supporto ed incoraggio durante tutto il percorso insieme, valorizzando al massimo i loro sforzi per seguire il bambino, imparare con lui e da lui, e passare insieme del tempo di qualità e piacevole per entrambe le parti.
La prima avvertenza che dò ai genitori che entrano nel mio studio è la seguente : da questo momento la vostra vita non sarà più la stessa. E’ una frase ironica, ma non del tutto, perché alle famiglie chiedo davvero tanto. Mi aspetto che loro si mettano in gioco, imparino a suonare, cantino, ballino, siano allegri e coinvolgenti ma anche fermi e decisi, insomma li “spremo” davvero.
Ma tutto questo torna loro nella gioia e la soddisfazione che vedono negli occhi dei loro bambini quando suonano, da soli o in orchestra, a lezione oppure a casa o in concerto … quindi sono convinta che ne valga la pena, e che i bambini che imparano a suonare il violino vivano, grazie al proprio strumento e alla musica, esperienze di vita che li arricchiranno e che ricorderanno per sempre.
Il mio obiettivo non è mai quello di creare professionisti o piccoli geni, ma quello di farli appassionare al violino, dando però sempre il massimo, ed il meglio di sé, e puntando all’eccellenza, nel significato più ampio di espressione massima delle proprie potenzialità.
Perciò, che diventino professionisti o che smettano dopo un anno o poco più, quello che conta è che tutti abbiano imparato a non mollare, e che abbiano vissuto momenti di gioia, soddisfazione e divertimento.
In questo modo, non ho dubbi, il violino sarà stato e sarà per sempre un dono per la loro vita.
AGGIORNAMENTO AGOSTO 2018 – LA MUSICA E’ GIOIA OGGI
Attualmente sto studiando per un master in Insegnamento degli strumenti ad arco presso l’Università di Chichester (UK) e , contemporaneamente, sono insegnante di violino Suzuki in formazione a Londra.
Tutto ciò che ho scritto in questo articolo rimane valido ed attuale, ma il mio metodo di insegnamento si sta ulteriormente evolvendo, arricchendo e specializzando, quindi aggiornerò il presente articolo in itinere, arricchendolo con ciò che sto imparando ed imparerò nel corso di questo nuovo percorso di studi.