1-
CHE COS’E LA MOTIVAZIONE
La motivazione è uno stato
psicologico fondamentale per la persona, essendo infatti definibile come una
“spinta” interna verso l’inizio di un’azione, oppure la causa o il motivo per
cui si intraprende un determinato comportamento diretto ad uno scopo, e poi lo
si ripete e mantiene nel tempo.
Nella depressione, esempio,
spesso viene a mancare proprio la motivazione anche verso attività e
comportamenti basilari e quotidiani, quali lavorare, interagire con gli altri, e
addirittura a volte anche alimentarsi o semplicemente alzarsi dal letto, a
causa di una diminuita “spinta” interiore verso comportamenti ed eventi che
prima risultavano piacevoli.
Assodata l’importanza della
motivazione nella vita quotidiana, potete immaginare quanto anche nella
didattica musicale essa sia il “motore” che determina l’inizio ed il proseguimento
dello studio di uno strumento.
2 – MOTIVAZIONE E DIDATTICA
MUSICALE NELLA PRIMA INFANZIA
Con allievi molto piccoli, in
particolare nella fascia 0 -3 anni, l’argomento è delicato e controverso : sì,
può capitare che un bambino di 2 o 3 anni dica di voler suonare il violino, ma
a questa età non si è ancora in grado di decidere da soli e in modo
consapevole, dunque è il genitore che propone l’attività al bambino, magari
cogliendo i suoi segnali ed interessi , o di sua iniziativa, perché conosce la
gioia ed in vantaggi anche educativi che l’apprendimento musicale potrà
regalare al proprio figlio.
Mi arrabbio un po’ quando sento
dire “ A 2 anni non è possibile che voglia suonare, gli sarà certamente stato
imposto … poveri bambini, lasciamoli giocare!”
.
Perché, come ho detto più volte,
per i piccolissimi la musica è e deve rimanere (almeno fino ai 5-6 anni) soltanto un gioco, un momento anche
quotidiano di divertimento e serenità vissuto in condivisione con i genitori, e
in tutto questo non devono esserci imposizioni né coercizioni, ma solo
allegria, entusiasmo e passione per la musica, certo accompagnati da costanza,
serietà ed impegno anche con i più piccoli, ma tali caratteristiche devono
essere presenti più nei genitori che non nei bambini ….
Siamo noi adulti, in
altre parole, che conosciamo lo scopo, l’utilità e la bellezza del far musica
da piccoli, e dobbiamo essere capaci di trasmetterlo ai bambini, di motivarli e
farli appassionare conoscendo bene il percorso che stiamo intraprendendo ed i
suoi obiettivi, ma senza che ciò infici la serenità e la curiosità innata del
bambino verso la musica, senza ansie di prestazione né preoccupazioni eccessive
riguardo al risultato …
E’ ovvio che a 12- 24 – 36 mesi
certe competenze non siano ancora presenti e magari gli esercizi non vengano
subito, ma lo scopo non è e non dovrà mai essere quello di creare piccoli geni,
ma al contrario quello di dare la proprio bambino l’opportunità di crescere
attraverso la musica secondo le sue modalità ed i suoi tempi, senza forzature,
paure eccessive di non riuscita o
richieste eccessive da parte nostra.
Lui deve potersi divertire … e
noi anche, ma con più consapevolezza ed impegno, e senza arrenderci alle prime
difficoltà.
Un ottimo esempio della gioia di
far musica da piccoli è il mio allievo Paolo, di 16 mesi, che con la sua mamma
sta compiendo già da due mesi un bellissimo e proficuo
percorso all’insegna del divertimento e della serenità, svolgendo però anche a
casa tutti i giorni gli esercizi sia con la mamma sia con la nonna.
Guardate questi video, e ditemi
se non è felice!!!!
E l'insegnante come può comportarsi con bambini di questa età ...?
Io lavoro anche al nido, con un progetto di due mattine a settimana, ed il mio gruppo di piccolissimi - tra i 15 ed i 30 mesi - è in grado di rimanere attento, attivo e concentrato anche per un'ora sull'attività musicale, seguendomi molto bene, "assecondando" le mie richieste e divertendosi tantissimo a ripetere - fosse per loro, all'infinito!!- canzoni, danze, filastrocche, esercizi di motricità e manualità, ritmi, attività grafico- pittoriche associate alla musica ed ascolti.
Spesso sono proprio loro a richiedermi una determinata canzone, ed a volerla ripetere più e più volte ... perchè i piccolissimi sono così, per loro la ripetizione non significa noia, ma "divertimento reiterato", sicurezza, prevedibilità e routine, di cui a questa età hanno molto bisogno.
Come ho fatto a farmi conoscere ed accettare da loro ed a formare un gruppo compatto cui trasmettere la passione per la musica ?
Per me è molto semplice ... credendoci.
Io amo la musica, tantissimo, in tutte le sue forme e manifestazioni, apprezzo tutti i generi musicali e tutti gli strumenti e amo suonare ... e credo fermamente nel valore educativo di un percorso musicale da iniziare il prima possibile .
Quindi, essendone così convinta, mentre insegno comunico loro, con la postura, la voce, le parole, i movimenti ed il sorriso, il mio entusiasmo ... e loro, così piccoli e pronti a "carpire" e fare proprio tutto ciò che viene dal mondo adulto, lo sentono e lo acquisiscono sia a livello comportamentale e cognitivo sia emotivo, rimangono totalmente affascinati dalle canzoni, dai giochi e dal suono del violino ... ed accolgono la musica nella loro vita come qualcosa di naturale, spontaneo e piacevole.
Un gioco nuovo ed entusiasmante, che non smetterebbero mai.
3 – LO STUDIO DI UNO STRUMENTO
Anche una volta iniziato lo
strumento, che nel caso dei miei allievi io propongo, come da filosofia
suzukiana, dai 2 – 3 anni, il grosso del lavoro rimane quello svolto sulla
motivazione dei genitori.
Io non possiedo l’abilitazione
all’insegnamento strumentale con il metodo Suzuki, ma nel corso degli anni ne
ho assimilati i princìpi fondamentali, dunque fino ai 6-8 anni richiedo la
presenza in aula di almeno un genitore, che spesso è la mamma, ma altre volte
può essere il papà, anche perché i padri di alcuni miei allievi studiano loro
stessi musica, dunque possono aiutarli più facilmente nel loro percorso.
Il genitore, fino a quando il
bambino ha circa 6- 7 anni, deve
partecipare attivamente imparando lui stesso le basi tecniche del violino, l’impostazione,
la postura, gli esercizi per la mano sinistra e per l’intonazione, per poi
comprendere meglio la scheda dei compiti che io invio settimanalmente e
studiare quotidianamente a casa con il figlio in modo consapevole.
Un adulto non avrà mai,
ovviamente, l’immediatezza e la facilità di apprendimento di un bambino, quindi di solito l’apprendimento
da parte dei genitori resta “teorico”, ma ho diverse mamme che vogliono provare
a ripetere i brani sui piccolissimi strumenti dei loro bambini, ed addirittura
due di loro hanno iniziato a studiare violino con me – questa volta con uno
strumento da adulto!- proprio per condividere a fondo l’esperienza dei figli,
suonare insieme a loro e divertirsi anche quando si verifica un’inversione di
ruoli, per cui è il piccolo violinista che “insegna” alla mamma un determinato
brano!!
Grazie all’interesse ed alla
determinazione di queste mamme, la motivazione dei loro figli è ancora più
grande, e , visto che entrambe hanno più di un bambino che studia musica, ci
sono dei momenti bellissimi in cui tengono tutti insieme “concertini casalinghi”
di musica da camera!
Dopo gli 8 anni, succede più
spesso che i miei allievi restino a lezione da soli, ma anche se sono “grandi”
il mio contatto con i genitori resta, infatti organizzo sempre momenti in cui
la mamma o il papà partecipano ad una parte della lezione per informarsi sull’andamento
dello studio e sui dettagli dei compiti,
o per osservare come vanno eseguiti
determinati passaggi tecnici o brani nuovi, così da essere pronti a supportare
il figlio a casa in caso di difficoltà nello studio.
Da questa età, anche per
responsabilizzare gli allievi, invio la scheda dei compiti via email anche a
loro – non dovremmo stupirci …. ma io di fatto me ne stupisco ancora … del
fatto che questi ragazzini “nativi tecnologici” possiedano ed utilizzino un’email
già a partire dai 6 anni!- ; mettendo in cc i genitori, così tutti possono
leggere le mie indicazioni e raccomandazioni settimanali, inserite nel
programma svolto durante la specifica lezione.
4 – MOTIVAZIONE INTRINSECA O
ESTRINSECA?
La motivazione può essere
essenzialmente di due tipi :
Estrinseca , non causata dall’attività in sé, ma da premi o
gratificazioni esterne che la accompagnano o ne conseguono
oppure
Intrinseca , diretta al compito che stiamo svolgendo, che è
piacevole e motivante di per sé
Gli hobby che molti di noi
coltivano, ad esempio, sono di solito fondati su una motivazione intrinseca, su
una spinta interiore che ci induce a svolgerli per il piacere che essi ci
procurano.
Pensate agli adulti che nel tempo
libero leggono, dipingono o frequentano una palestra, e lo fanno senza alcun
tipo di incentivo esterno, ma solamente perché ricavano una gratificazione dall’usare
i pennelli, immaginare il dipanarsi di una storia o correre su un tapis roulant
…. Personalmente non riesco proprio a capire come quest’ultima attività possa
essere motivante, e la svolgerei solo in cambio di premi molto consistenti … ma
la mia avversione per l’attività fisica è un’altra storia!
Comunemente si ritiene che l’attività
di suonare uno strumento debba per forza essere fondata su una motivazione
intrinseca, perciò quando parlo dei miei allievi più piccoli la gente della
strada commenta “ eh sì …. quel bambino è nato volendo già suonare il violino,
la passione ce l’ha nel sangue!”
Ma, come ho già detto nel
paragrafo sulla prima infanzia, questo accade raramente, e non certo a 3 anni,
o comunque non certo se il bambino di 3 anni non ha mai ascoltato musica prima –
e chi gliel’avrà fatta ascoltare se non … i suoi genitori?- e non ha mai visto
o sentito uno strumento, tanto più quale il violino, che non è certo il più
popolare e conosciuto.
Quindi la passione per la musica,
da una parte innata in tutti noi, che , in quanto specie umana, fin dai tempi
antichi abbiamo “l’istinto” di ballare, cantare e produrre suoni con quello che
troviamo; è in realtà una sorta di “condizionamento” del nostro ambiente, che
sviluppa una motivazione sì quasi “primaria” , cioè naturale, ma in fine
modellata ed accresciuta dalle nostre esperienze di vita.
Suonare il violino a 3 anni non è
il risultato di un momento magico di intuizione e scoperta, in seguito al quale
un piccolo genio decide che da grande diventerà Ithzak Perlman; ma un processo
di graduale avvicinamento alla musica proposto, incoraggiato e sostenuto da
genitori ed insegnanti, che passa anche attraverso fasi di motivazione
estrinseca – se ti impegni a suonare, poi andiamo alle giostre – per diventare
con il tempo qualcosa di interno e stabile, che fa parte del bagaglio del
bambino e lo fa sentire felice e realizzato, lo fa stare bene – come dice un
mio allievo, suonare il violino guarisce dal mal di pancia!- e lo rende più
ricco di sensazioni e competenze, più sensibile e capace di esprimere le
proprie emozioni e relazionarsi con le altre persone.
Se poi, quando sarà il momento e
sarà abbastanza maturo per farlo, il ragazzo vorrà continuare a studiare per
fare della musica la propria professione, benissimo, potrà farlo, ma nessuna
famiglia dovrebbe mai partire con tale obiettivo in mente, perché impedirebbe
fin dall’inizio lo svilupparsi di una vera motivazione intrinseca, forzando e
costringendo il figlio verso un’attività che, vissuta con troppa serietà e
sotto un’eccessiva pressione esterna già da piccoli, rimarrà sempre legata ad
una motivazione estrinseca, a premi, a volte punizioni (terribile!) e
gratificazioni di qualcun altro – il genitore- ma non certo proprie.
5 – E L’INSEGNANTE?
L’insegnante conta. Tantissimo.
Io non sono certa di essere un’ottima
insegnante; lo spero, ed i riscontri dei
miei bambini e della famiglie sono sempre positivi ed incoraggianti, ma ho solo
30 anni, svolgo il mio lavoro da pochi anni, e devo ancora accumulare tanta
esperienza, maturità personale e di vita, e conoscenze anche in campo
didattico, musicale e violinistico.
Però, essendo anche psicologa, so
motivare.
Il mio atteggiamento verso gli
allievi e le famiglie è sempre positivo, cerco sempre di essere rilassata,
serena, allegra ed ottimista, di incoraggiare, premiare, gratificare e
complimentarmi per i passi avanti ed i risultati raggiunti, sia dai bambini
stessi sia dalle famiglie.
Lavorando da anni con l’handicap
grave e gravissimo, inoltre, nel mio lavoro – non nella vita … ma, di nuovo , è
un’altra storia!- vedo sempre il bicchiere mezzo pieno, riesco a cogliere anche
piccolissimi segnali di evoluzione, crescita e miglioramento, me ne compiaccio
e li faccio notare ai diretti interessati …
Per me è difficile che una
lezione sia stata completamente negativa, qualcosa di positivo c’è sempre,
certo non sono Pollyanna … sono molto esigente ed abbastanza severa, e se un
allievo non si impegna abbastanza non manco di farglielo notare e di richiedere
un comportamento diverso … ma da parte mia l’incoraggiamento, la gioia per
quello che stiamo costruendo insieme ed il divertimento non mancano mai.
Con i più piccoli , ma a volte anche
con i grandi!, gioco molto anche sulla motivazione estrinseca avvalendomi di
alcune tecniche comportamentali quali il rinforzo, il “music conditioning” (non
so se questa espressione esista, ma mi sembra pertinente!), la token economy e così via …
Alla fine di ogni lezione regalo
loro adesivi dei personaggi preferiti , che ora vengono inglesizzati con il
termine “stickers” … mah … , e , se l’occasione è particolarmente importante e
richiede molto impegno, anche premi più grandi, quali matite colorate o
pupazzetti, ma non credo ci sia niente di male, perché l’associare lo strumento
a qualcosa che è già per loro rinforzante – che altro non è se non il caro, “vecchio”
condizionamento- porta poi ad un interesse
maggiore verso il violino stesso, che diventerà fonte di piacere anche quando
il premio non ci sarà più.
Ho svolto la tesi di laurea su
tale meccanismo, e vi assicuro che molto spesso funziona.
6 – INSEGNANTE “MOTIVANTE” E
DISABILITA’
Con i miei allievi disabili il
discorso si fa ancora più affascinante e complesso.
Gli allievi con difficoltà
vengono a lezione ; e, qualora servisse
ripeterlo ancora una volta, le mie sono vere lezioni e non sedute di
musicoterapia; per imparare a suonare,
ma anche per sviluppare ed incrementare attraverso la musica competenze che non
hanno ancora acquisito e che possono essere di tipo cognitivo, motorio,
linguistico, relazionale, espressivo o sensoriale.
Dunque, solitamente, essendo tali
obiettivi espliciti e da me dichiarati fin dal primo incontro, la motivazione
loro e della famiglie verso il percorso di musica è mediamente più alta
rispetto a quella dei “canonici” allievi di musica, perché appunto si muove su
diversi fronti e coinvolge il bambino o ragazzo nella sua “totalità”.
Però anche una motivazione
intrinseca così forte non va mai abbandonata a sé stessa, ma al contrario
sempre alimentata e sostenuta.
Le famiglie “disabili”, come a
volte loro stesse si definiscono, sono gruppi di persone forti, tenaci e
combattive, che però vivono situazioni complicate ed impegnative, che le
portano ad avere, come tutte le altre famiglie, momenti di crisi, fragilità e
sconforto, nei quali un’insegnante di musica non può essere solo una docente,
ma deve anche saper ascoltare, supportare ed incoraggiare, anche con la sola
presenza, un ascolto attivo ed il riconoscimento dei periodi di difficoltà emotiva
interna , esterna e concreta, o anche solo “banalmente” logistica … come
organizzare, ad esempio, la giornata di un ragazzino disabile che si divide tra
scuola, logopedia, fisioterapia, controlli medici, somministrazione di farmaci,
sport, musica ed esercizi quotidiani al violino o al pianoforte … magari resi
più complicati da frequenti malattie o problemi fisici o dalla presenza di
fratelli ed altri famigliari che richiedono anche loro un’attenzione
particolare?
La vita con uno o più figli
disabili non è mai semplice, può essere meravigliosa perché loro sono persone
speciali, può essere intensa, ricca e colma di emozioni positive, ma non è
facile, mai, e questo va messo in conto e riconosciuto, perché se una mamma ed
un bambino iniziano a sentirsi soli anche nell’aula di musica, allora il
progetto è destinato a fallire.
Io infatti cerco sempre di
mantenere i contatti con le mamme dei miei allievi anche durante la settimana,
sentendole spesso via email, sms o chat, per sapere come procedono il
programma, gli esercizi a casa, o anche semplicemente per tenermi aggiornata
sullo stato di salute o sui progressi quotidiani del bambino.
E vedo che a loro questo fa
piacere, ma gratifica e rende felice anche me, e le rassicura.
Con i ragazzini, invece, mantengo
un atteggiamento a metà tra il distaccato stile “signorina Rottermeier”, quando
devono lavorare seriamente ed impegnarsi in esercizi importanti, e l’affettuoso,
scherzando, ironizzando, sorridendo e ridendo molto …
Con Alessia, ad esempio, che conosco da quasi 10 anni, posso permettermi di
ironizzare sulle sue difficoltà chiamandola, in lingua dei segni, “monella” o “lumaca”,
e prendendomi in risposta un bel “ma tu sei matta” o “lumaca sarai tu” … !!!
Con i più piccoli, invece, mi
piace coccolarli e strapazzarmeli, a volte li abbraccio e loro mi danno i
bacini, oppure li prendo i braccio e me li tengo stretti, finché non protestano,
perché va bene essere coccolati, ma dopo
un po’ basta!
7 – CONCLUSIONI … ?
Insomma, alla fine penso che,
come ho già accennato, per riuscire a creare e mantenere alta la motivazione
verso la musica, prima di tutto si debba credere davvero in ciò che si fa, ma
crederci fino in fondo, senza dubbi (almeno!!!) o ripensamenti.
Penso che si debba amare la
didattica, i bambini e l’insegnamento, ed ovviamente la musica, perché non è
possibile svolgere un lavoro di questo tipo “tanto per”, senza passione,
esperienza e professionalità, o giusto per il guadagno- anche perché … sai che
guadagno!- …
La motivazione dell’insegnante,
per tornare all’argomento iniziale, non deve e non può essere solo estrinseca,
altrimenti si possono compiere gravi errori o addirittura danni; ma anzi deve
avere una spinta interiore molto forte, quasi assoluta in certi momenti (a me
capita quasi sempre di sperimentare
quello che si chiama “flow” , ovvero un momento in cui il tempo è sospeso,
tutto è nel qui ed ora in un “flusso” costante, e sono talmente concentrata e “presa”
da ciò che faccio da non percepire più il trascorrere dei minuti e delle ore) …
Perché quando si lavora con le
persone, che siano bimbi piccolissimi, mamme, papà – io lavoro anche con un
nonno!- o ragazzini con gravi difficoltà, al centro ci devono essere loro.
Non è sempre facile ed
automatico, ma è un’esperienza meravigliosa, di un’intensità incredibile, a
volte persino commovente!, e che regala soddisfazioni ed una felicità ben
maggiori dell’impegno e della fatica che a volte richiede.
Da questa professione è partita la
mia personale ricerca della felicità … ed ora posso dire con certezza che l’ho
trovata.