domenica 12 maggio 2013

Musica e Terapia ABA




Nelle mie lezioni di musica, che, vorrei sottolineare, si differenziano dalla musicoterapia per il loro intento didattico e non esclusivamente terapeutico/comunicativo, utilizzo tecniche di vario tipo che ho appreso nel corso della mia formazione ed esperienza lavorativa, tra cui alcune tecniche ABA.

L’ABA (Applied Behaviour Analysis) è l’Analisi del Comportamento Applicata, e  si basa sull'uso dei principi della scienza del comportamento per la modifica di comportamenti socialmente significativi.


L’analisi del comportamento (Behavior Analysis) è lo studio del comportamento, dei cambiamenti del comportamento e dei fattori che determinano tali cambiamenti. L’analisi del comportamento applicata (Applied Behavior Analysis = ABA) è l’area di ricerca finalizzata ad applicare i dati che derivano dall’analisi del comportamento per comprendere le relazioni che intercorrono fra determinati comportamenti e le condizioni esterne. In questa prospettiva l’“analista comportamentale” utilizza i dati ricavati per formulare teorie relative al perché un determinato comportamento si verifica in un particolare contesto e, conseguentemente, mette in atto una serie di interventi finalizzati a modificare il comportamento e/o il contesto. 

Le informazioni ricavate dall’analisi del comportamento, pertanto, sono utilizzate in maniera propositiva e sistematica per modificare il comportamento. L’ABA prende in considerazione i seguenti 4 elementi:
·         gli antecedenti (tutto ciò che precede il comportamento in esame);
·         il comportamento in esame (che deve essere osservabile e misurabile);
·         le conseguenze (tutto ciò che deriva dal comportamento in esame);
·         il contesto (definito in termini di luogo, persone, materiali, attività o momento del giorno) in cui il comportamento si verifica.

Il programma d’intervento (la modifica del comportamento) viene realizzato su dati che emergono dall’analisi, utilizzando le tecniche abituali della terapia del comportamento: la sollecitazione (prompting), la riduzione delle sollecitazioni (fading), il modellamento (modeling), l’adattamento (shaping) e il rinforzo.

Tale terapia, pur utilizzata da anni negli Stati Uniti, sta emergendo in Italia solo negli ultimi anni, e permette a molti bambini, in particolare con autismo ma anche con altre patologie e disturbi del comportamento, di ottenere significativi miglioramenti a livello di abilità sociali, cognitive, comportamentali e comunicative.




Io non sono terapista ABA, perché purtroppo non ho ancora avuto modo di formarmi né frequentare master che mi fornissero tale preparazione, però ho frequentato una Facoltà di Psicologia ad indirizzo cognitivo – comportamentale, ho incentrato la mia tesi di laurea su una tecnica comportamentale, il condizionamento, ed ho osservato alcune sedute inerenti la mia tesi presso un centro specialistico di terapia ABA.

Dunque conosco alcune tecniche e, pur senza millantare competenze che non possiedo e ribadendo ancora una volta che le mie non sono sedute di terapia ABA , ma semplici lezioni di musica, vorrei farvi alcuni esempi di come applico tali strategie al lavoro con i miei allievi , non solo quelli con disabilità.

Il rinforzo è un evento piacevole che, seguendo un comportamento, ne aumenta la probabilità di emissione. In breve, se in seguito ad un mio comportamento mi verrà dato un “premio” – termine che uso per semplificare-  , in futuro sarò più propenso a ripetere quel comportamento.

I rinforzi possono essere di diverso tipo : materiali (cibo, giocattoli), sociali (lodi, incoraggiamenti), simbolici ( voti, punti), naturali o artificiali ecc …

Non sono così semplici da usare come potrebbe sembrare, perché l’insidia è sempre dietro l’angolo, infatti come primo esempio vorrei subito citare un mio errore : Mattia, uno dei miei allievi con autismo, in un periodo di particolare oppositività iniziava a fare confusione quando gli proponevo esercizi musicali complessi, che preferiva non eseguire. Allora io lo mettevo in “time out”, presentandogli un cartello raffigurante una pausa, alla vista del quale lui doveva zittirsi, fermarsi e rimanere in silenzio per alcuni minuti.

Io non mi accorgevo, però, che in questo modo i comportamenti disturbanti cessavano al momento, ma non venivano eliminati …. Per Mattia, infatti, allontanarsi dal compito richiesto era in quel momento solo rinforzante, e grazie ai i suoi “capricci” otteneva quello che voleva, ovvero evitare di suonare il brano difficile!
Senza volerlo, dunque avevo rinforzato il comportamento sbagliato …



Altri rinforzi che ho adottato in modo efficace, invece, sono stati, con Mattia , ma anche con altri allievi, il permettere loro di scegliere di cantare o suonare il loro brano preferito al termine di un esercizio svolto correttamente (nel caso di Elisa, ad esempio, il brano era Jingle Bells, mentre per Susanna è di solito La conchiglia); oppure di provare un nuovo strumento (Mattia ed Alessia amano il violoncello).

Ai più piccoli regalo alla fine della lezione degli stickers con i loro personaggi preferiti, in numero corrispondente all’impegno dimostrato durante l’ora.




 Quando poi devo insegnare comportamenti più complessi o difficili da ottenere, scelgo la tecnica della Token Economy, che consiste nel ricevere un adesivo, o un piccolo disegno da colorare, ogni volta che il comportamento è stato corretto, arrivando a completare una tabella al termine della quale si ottiene un premio .



Per convincere una mia allieva di violino di 4 anni a studiare a casa ho inventato “La casa delle Winx”, una casetta disegnata in cui ogni “mattone” doveva essere riempito con un piccolo disegno di un personaggio delle Winx da colorare, ogni volta che la bambina avrebbe suonato a casa. Per altri bambini ci sono stati anche la casa di Winnie The Pooh, la scuola di musica di Hello Kitty o un piccolo zoo con stickers di animali, ad esempio per ogni brano eseguito tenendo la testa appoggiata alla mentoniera.



Con Sara ,  io e la sua mamma siamo partite da un rinforzo semplicissimo e naturale qual è il cibo, dandole una caramella (o meglio, un pezzettino di caramella!), ogni volta che accettava di svolgere bene un compito.




Le caramelle per lei funzionano ancora, ma con il passare del tempo la bimba è cresciuta, e adesso apprezza anche il rinforzo sociale, infatti è felicissima quando le faccio i complimenti o la applaudo alla fine di una canzone o un pezzo.


Con i miei allievi non dimentico mai l’importanza del rinforzo sociale, e non sono certo una di quelle insegnanti che non incoraggiano mai, anzi sono sempre positiva, prodiga di elogi ed entusiasta – soprattutto perché loro mi entusiasmano davvero! -, e cerco sempre di trovare il lato positivo di un’esecuzione e di riconoscere l’impegno dietro ad un determinato esercizio … pur essendo anche molto esigente e tendendo sempre a “spaccare il capello in quattro”.





All’opposto, per scoraggiare un comportamento fino ad “eliminarlo” si utilizza l’estinzione, cioè una procedura che consiste nel sottrarre qualsiasi tipo di conseguenza ad un determinato comportamento, per far sì che questo non si ripeta più.
Parlando di comportamenti – problema, ovvero di atteggiamenti oppositivi che non permettono al bambino di interagire efficacemente con gli altri né di apprendere in modo efficace, l’estinzione può consistere semplicemente nell'ignorare il bambino quando mette in atto tali comportamenti, smettendo di dargli attenzione ed eliminando così le conseguenze “positive” che si sarebbe aspettato di ottenere.



Nell'ultimo periodo, Sara mostra a volte dei comportamenti oppositivi, rifiutando di svolgere i giochi musicali che le propongo e mettendosi ad urlare per ribadire il concetto … io e sua mamma, allora, smettiamo di darle attenzione, rivolgiamo lo sguardo altrove ed ignoriamo i suoi comportamenti fino a quando non si calma e riprende a collaborare.

Anche Mattia, pur essendo ormai intrinsecamente motivato ed appassionato, mette in atto ancora alcuni tentativi di evitamento, ad esempio ponendo , quando dovrebbe iniziare a suonare, domande fuori dal contesto, che sono davvero intelligenti e perciò spesso difficili da ignorare, ma che in quel momento sono poste non (solo) per interesse, ma principalmente per evitare l’esercizio. Un esempio di questo comportamento si può osservare nel video sullo scioglilingua nel post su Mattia.





Con un paio di allievi ho messo in atto tecniche di condizionamento classico, un procedimento che prevede l’appaiamento di alcuni stimoli per ottenere un “trasferimento di funzione” : ad esempio, per un anno e mezzo ho lavorato con M., 3 anni e mezzo, con sindrome dell’X Fragile con iperattività e tratti autistici.

M. aveva difficoltà di imitazione, perciò all’inizio non riusciva ad imparare le coreografie delle canzoni, allora, vista la sua passione per le moto, ho inserito nella coreografia di una canzone il disegno di una moto da muovere, ed il bimbo ha associato i movimenti da compiere, e la canzone, a qualcosa che lo motivava già, riuscendo ad imparare tutta la coreografia appassionandosi molto a quella che chiamavamo “La canzone della moto”.




Con lui mi sono servita anche di griglie di rilevazione dei comportamenti, ad esempio nell’ gioco del  rumore/silenzio, che gli proponevo associando al rumore l’immagine di due note ed al silenzio la pausa, predisponendo un tempo di 5’’ di pausa da aumentare gradualmente, e registrando su una griglia il numero di comportamenti corretti per ogni sessione, ponendomi come obiettivo per passare alla fase successiva un totale di 8 risposte corrette su 10 per almeno 4 lezioni.

Grazie a queste tecniche, M. è riuscito a partecipare al saggio finale mostrando un esempio di lezione e, soprattutto, si è divertito ed appassionato alla musica.




Per agevolare l’apprendimento utilizzo, inoltre, altre tecniche che ritengo molto efficaci.

Il metodo Suzuki ed il CML basano la loro didattica sul modeling, l’apprendimento per imitazione tramite osservazione di un “modello” teorizzato da Albert Bandura.

Essendo di formazione “suzukiana” – nonostante il CML sia di fatto un percorso didattico autonomo e solo di ispirazione Suzuki -, anch’io baso il mio insegnamento sulla dimostrazione ai bambini che, soprattutto se molto piccoli, imitano quello che mi vedono fare, e così imparano.

Al nido, ad esempio, canto le canzoncine davanti ai piccoli eseguendo le coreografie, e, anche se inizialmente loro non riescono a ripeterle, mi osservano, e dalla seconda o terza volta provano ad imitare qualche movimento, per arrivare ad imparare con il tempo tutto il pezzo.




Quando insegno ai piccolissimi, infatti, non mi aspetto un’esecuzione immediata e precisa, ma do loro degli stimoli che verranno interiorizzati e rielaborati con il tempo.

Con loro, e con i bambini disabili, mi avvalgo anche del prompt, del fading e della guida fisica.
Per insegnare violino ai bimbi di due anni inizialmente li aiuto a tenere il violino sulla spalla ed a tirare l’arco ponendo la mia mano sulla loro, poi gradualmente riduco la guida fisica finché alla fine riusciranno a suonare da soli.




Per insegnare a Sara  la lettura delle note, le fornisco un prompt costituito dal nome della nota e dal gesto che associamo alla durata della stessa, per poi pronunciare solo l’iniziale del nome con il gesto, passare al solo gesto, ed infine lasciarla solfeggiare da sola (fading).

In generale, utilizzo l'apprendimento senza errori, che secondo alcune ricerche sostiene la motivazione e migliora l'acquisizione delle competenze, limitando al massimo la possibilità di errore ed aiutando ad eseguire nel modo corretto i comportamenti, fino a quando il bambino non sarà in grado di farlo da solo.

Quando Mattia doveva imparare al pianoforte Mary Aveva un Agnellino, insieme alla mia collega abbiamo suddiviso il brano in sezioni (composte da circa 2 battute) e gli abbiamo chiesto di eseguire il pezzo, rinforzandolo  molto al termine di ogni esercizio, aggiungendo una sezione ad ogni ripetizione  : parte 1 - rinforzo - parte 1 + parte 2 - rinforzo - parte 1 + 2 + 3 - e così via ...

Alla fine Mattia è riuscito a suonare tutto il brano senza errori e con una concentrazione perfetta.

Questa tecnica è chiamata chaining, proprio perché prevede il " concatenamento" delle diverse sezioni di un compito che è stato scomposto in parti.




Soprattutto in casi di disturbi del linguaggio e della comunicazione o linguaggio assente, mi è capitato di avvalermi dello shaping, il "rinforzo di approssimazioni successive" : una volta scelto un comportamento che si vuole raggiungere, si individuano delle "approssimazioni" del suddetto obiettivo finale, ovvero dei comportamenti non tanto corretti quale quello finale, ma che gli si "avvicinano".

Poi si rinforza il bambino partendo dal comportamento più "basilare", e quando questo è stato acquisito si rinforza la performance migliore immediatamente al livello successivo ... e così via, fino ad arrivare a fornire il rinforzo solo quando il compito verrà eseguito nel modo adeguato.

Quando i miei bambini con difficoltà di linguaggio cantano o recitano delle filastrocche, all'inizio mi accontento di una pronuncia anche poco corretta, ma progressivamente, con l'aumentare delle loro competenze e dell'esercizio, divento più esigente, fino a richiedere l'esecuzione esatta.

Con Alessia e Sara, ad esempio, nei primi tempi del nostro lavoro accettavo anche solo un tentativo di emissione di suoni - per due motivi diversi, essendo Alessia molto comunicativa ma con difficoltà di emissione della voce a causa della sordità- , adesso invece, dopo diversi passaggi, sono arrivata a "pretendere" da Alessia una pronuncia migliore ad un volume della voce più alto, e da Sara - partita da una quasi totale assenza di linguaggio verbale - non più la parola singola, ma l'intera frase.

Con Alessia l'anno scorso ho applicato anche la generalizzazione, infatti la ragazza non voleva studiare a casa perché non aveva ancora collegato la presenza del pianoforte allo studio della musica - e ripeteva spesso di non voler suonare perché lo strumento apparteneva alla sorella - , allora un giorno sono andata a casa sua a farle lezione, per trasferire la mia presenza ed il concetto di suonare il pianoforte anche in un luogo diverso dalla scuola di musica.






Al di là delle tecniche, che spesso trovo fondamentali e realmente utili se applicate tenendo conto della specifica situazione e del singolo allievo che ho davanti, penso che quello che conta sia ciò che i miei allievi traggono da tali strategie ... una maggiore facilità nell'apprendimento, più gratificazioni e soddisfazioni nel loro percorso musicale ed educativo, e, come dico sempre ... un maggiore entusiasmo, una più solida passione per la musica, e la possibilità di fare sempre passi avanti nel loro percorso di vita.