“Da bambino ho iniziato a suonare, ma poi ho smesso perchè ero negato”, “All'esame di ammissione non mi hanno preso, perchè non avevo doti musicali”, “L'insegnante mi ha guardato le mani e mi ha consigliato un altro strumento, perchè avevo le dita troppo corte per il violino”, “Mio figlio ha studiato pianoforte per un anno, poi ha lasciato perdere perchè non aveva risultati”, “Mia figlia non è capace di suonare, non ha orecchio”...
quante volte avete sentito o pronunciato voi stessi frasi di questo tipo? Quante volte in ogni ambito, anche nello sport, nella scuola o nella vita quotidiana, avete pensato che vostro figlio non fosse in grado di imparare “perchè non era portato” o perchè non vedevate risultati?
Avete ragione: non sempre i risultati di apprendimento ci sono, ma vi dò una notizia: questo NON dipende dal bambino. E NON dipende dalla mancanza di “doti” o di “talento”.
Può capitare che un bambino non impari, che un allievo resti indietro, non stia al passo con gli altri, non acquisisca le competenze attese o addirittura peggiori, ma le ragioni sono quasi sempre le seguenti:
Manca la motivazione : il programma è noioso, ripetitivo, poco sfidante, troppo difficile, proposto nel modo sbagliato o con le modalità sbagliate. Il bambino inizia magari con la giusta motivazione, poi inizia a non divertirsi più, si annoia,non vede nessun scopo e non prova nessun piacere in ciò che sta facendo, di conseguenza non impara, e smette.
Manca la relazione tra bambino ed insegnante: quest'ultimo non è in grado di comunicare in modo efficace, non comprende l'allievo, non lo ascolta, a volte urla, sgrida, punisce, spesso è una persona frustrata o incapace di controllare le proprie reazioni emotive. Qui l'apprendimento non avviene perchè è mancata la fase di pairing, ovvero di associazione tra il docente e qualcosa di positivo per l'alunno.
Manca una corretta definizione degli obiettivi: il cosiddetto goal setting non è chiaro, non è esplicitato al bambino o alla famiglia (non si capisce dove vogliamo andare a parare), non è proprio stato fatto, oppure gli obiettivi (vedi sopra) sono troppo alti o, più spesso soprattutto in caso di disabilità, troppo bassi. “Intanto non può imparare- intanto non ce la fa”, questa è la frase più ricorrente. E' ovvio che se un allievo non cammina, difficilmente potrà vincere la maratona (in teoria), o se non vede non potrà leggere lo spartito (a meno che non sia, ad esempio, in Braille), ma anche pensare che un allievo “non possa” imparare “perchè” ha una difficoltà o una disabilità, non ha senso, dato che non esiste nessuna relazione di causa effetto tra queste due situazioni.
Se, al contrario, gli obiettivi sono ben calibrati e raggiungibili, ma NON troppo semplici, l'allievo li raggiungerà quasi sicuramente, soprattutto se l'insegnante avrà un'idea chiara delle tempistiche degli stessi e non si farà prendere dall'ansia o dalla fretta di raggiungerli.
Mancano la partecipazione e la motivazione della famiglia/Manca uno studio o allenamento costante e quotidiano: quando si parla di bambini, questi due aspetti necessariamente coincidono. E' irrealistico aspettarsi che un bambino di 3,4 ma anche 8 o 9 anni abbia la consapevolezza e la maturità per studiare da solo ogni giorno, se prima non è stato condotto un lavoro mirato e sviluppare tali competenze. Il coinvolgimento attivo della famiglia, dunque, è fondamentale, e se i genitori non sono interessati o motivati, per forza di cose il bambino non studierà a casa, o lo farà in modo discontinuo e poco efficace, e prima o poi il livello di apprendimento calerà, fino ad un certo punto a fermarsi del tutto.
Mi è capitato che alcuni genitori mi dicessero “ Voglio che mio figlio si diverta e basta, non mi interessa che impari”. Legittimo, ma io non lavoro così. L'apprendimento non è un obbligo o una schiavitù per il bambino, ma al contrario è qualcosa che i bambini piccoli vogliono, ricercano ed amano. Quindi, se non imparano dipende da noi.
Per loro giocare ed apprendere è la stessa cosa, ma se noi non abbiamo voglia di impegnarci,i risultati del nostro comportamento ricadranno su di loro, che perderanno un'opportunità enorme di crescita e di sviluppo. A causa nostra.
Dunque , io sono un'insegnante, ed insegno. Se non vi interessa che vostro figlio impari, portatelo in ludoteca, posto bellissimo ma mirato al gioco, non all'apprendimento.
Io insegno attraverso il gioco, il divertimento e la motivazione, ma con obiettivo di apprendimento...i bambini si divertono ed imparano senza saperlo, ma noi adulti siamo consapevoli che in realtà dietro allo studio dello strumento c'è ben di più.
Se un bambino non impara, in conclusione, talento, doti e capacità innate non hanno alcun ruolo, ma , come potete vedere, i fattori che entrano in gioco sono altri, e la responsabilità è sempre di noi adulti.
A mio parere, i piccoli meritano invece possibilità, opportunità ed occasioni di crescita, ma sta a noi offrirle loro ed incentivare nel modo migliore possibile il loro percorso di vita.
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