lunedì 16 marzo 2020

Bambini e genitori in quarantena e l'ansia del fare

Io da piccola non mi sono mai annoiata. D'accordo, erano altri tempi, tra gli anni '80 ed i primi anni '90, ed inoltre ero una bambina particolare, creativa, fantasiosa e con la testa tra le nuvole, sempre con duemila idee, iniziative e progetti. Ora sono più vicina ai 40 che i 30, eppure non sono cambiata. Normale non la sono mai stata, quindi forse non faccio testo.

Tuttavia, da quando è iniziata la quarantena, vedo genitori stressati, forse più di prima, dalla necessità di riempire la giornata dei loro figli con attività su attività, giochi, lavoretti, compiti, cercando sempre nuove idee per intrattenerli programmando ogni minuto della loro giornata nel dettaglio, come se fosse obbligatorio fare sempre di più, sia da parte del genitore che del bambino.

Di questo argomento avevo già parlato in tempi "non sospetti" nell'articolo "Bambini troppo impegnati: perchè fare troppo non serve?" (http://musicaegioia.blogspot.com/2019/10/una-tendenza-genitoriale-degli-ultimi.html), ma adesso mi accorgo che la tendenza a fare troppo continua anche da casa.

Certo, la scuola non aiuta: leggo che gli insegnanti starebbero inondando le famiglie di compiti da far fare ai figli, senza essere in grado di implementare la didattica a distanza, ma preoccupandosi solo di non rimanere indietro con il programma, e creando quindi, nei genitori, una ancora maggiore ansia da prestazione nel tentativo di non "rimanere indietro" neanche loro, e quindi dovendo passare ore e giorni a svolgere insieme al bambino i compiti ricevuti. A che scopo, poi? Siamo davvero sicuri che tutti questi programmi così lunghi e pesanti servano a favorire l'apprendimento dell'alunno? Io penso proprio di no, ma l'impressione è che, come sostenevo nell'articolo precedente, il sistema scolastico non abbia come obiettivo l'apprendimento, bensì la dimostrazione di quanto si stia facendo, mettendo in secondo piano il come ed il perchè di ciò che viene insegnato. E non abbia come obiettivo neppure la motivazione, che spesso non viene proprio tenuta in considerazione. Pazienza se i bambini non sono motivati ad apprendere, l'importante è che facciano il più possibile.



Purtroppo, però, la stessa tendenza è presente, di riflesso, anche nei genitori, che, in questi giorni in cui hanno i bambini a casa, cercano di impegnare al massimo la loro giornata temendo di vederli annoiati o senza nulla da fare. Io penso, invece, che sarebbe bello che le famiglie riuscissero a trasformare un periodo di difficoltà in un'opportunità per ripensare il proprio stile di vita e quello dei loro figli. Fare insieme può essere molto bello, e sfruttare questo tempo a disposizione per stare insieme può essere un'ottima idea, ma senza fatica e stress, altrimenti si perderà, a mio parere, la possibilità di trarre il meglio da un periodo così buio.

Magari si potrebbe pensare di lasciare da parte, almeno per qualche ora, cellulari, tablet e tv, e fare altro insieme, leggere, disegnare, ascoltare musica, suonare, cucinare, fare giochi da tavolo (perchè non riscoprirli?), ma senza dover per forza riempire ogni minuto con un'attività. 



I bambini potrebbero anche imparare ad annoiarsi, a gestire la noia e la frustrazione, e da questo potrebbe nascere la loro creatività, che oggi può risultare soffocata da un uso eccessivo della tecnologia (o, più che eccessivo, scorretto), ma che può benissimo venire riscoperta.

Quando io ero piccola giocavo con qualunque cosa - l'ho già detto, ero una bambina strana, ma è solo un esempio-... carta, rametti, fiori, foglie, colori, farina.... inventavo giochi, attività, progetti... scrivevo racconti, poesie e testi teatrali... cantavo e componevo... perchè non provare in questi giorni a fare un salto nel tempo e riscoprire i giochi e le attività di una volta, ma lasciando ai bambini più libertà ed iniziativa, nonchè lo spazio ed il tempo per annoiarsi e non sapere cosa fare?

Se avete un cortile o un giardino lasciate che i bambini lo utilizzino, all'aperto si possono inventare tantissimi giochi!



Riuscire ad allentare un po' il controllo sulle loro vite potrebbe renderli più responsabili ed autonomi, lasciando a voi genitori più tempo per voi stessi ed i vostri impegni, ed insegnando ad entrambi non solo a gestire la propria giornata con maggiore calma, ma anche a fermarsi ad ascoltare. Ed in questo periodo sappiamo quanto i bambini abbiano bisogno di essere ascoltati nell'espressione delle loro paure e preoccupazioni, e quanta necessità abbiano di entrare in contatto con le loro emozioni.

Chi, come i miei allievi, studia uno strumento, può dedicare all'esercizio quotidiano anche 30 minuti o un'ora al giorno in questo periodo, ma non di più, a meno che non sia lui a volerlo, in autonomia però. Lo studio giornaliero va svolto insieme al genitore, ma se poi un bambino vuole continuare a suonare da solo, anche giocando con lo strumento, a mio parere va benissimo, perchè la musica può diventare una certezza, nel mantenimento di una certa routine, una compagnia ed un veicolo di espressione emotiva.




Un discorso a parte riguarda i bambini con disabilità, e in particolare quelli nello spettro autistico. Nel loro caso, avere una giornata programmata e strutturata è fondamentale per abbassare i livelli di ansia e non lasciare che il bambino si perda troppo nelle stereotipie o sia eccessivamente destabilizzato dal cambio della sua routine, quindi sarebbe utile che terapisti e consulenti ABA rimanessero in contatto con la famiglia per dare suggerimenti, aiuto nella gestione dei comportamenti problema ed un supporto a distanza che sia il più "presente" possibile. Le famiglie lo chiedono e secondo me avrebbero il diritto di riceverlo, perchè per loro gestire in solitudine i figli chiusi in casa può essere molto, molto complesso.



Ma per tutti gli altri, il mio consiglio è quello di non cercare di replicare anche in quarantena il modello di comportamento e lo stile di vita di prima, perchè non sono così sicura che i bambini ne abbiano bisogno.

Non dimentichiamoci, inoltre, che i bambini sono estremamente resilienti. Loro si adattano a tutto molto di più di quanto potremmo pensare. Se si può andare a scuola, si va, altrimenti si fa scuola a casa; se si può uscire si esce, altrimenti si gioca in casa; se si ha la giornata piena la si accetta, ma se ci si può anche annoiare... forse è meglio. I bambini sono più forti di quanto noi adulti pensiamo, e non è detto che abbiano sempre bisogno di noi per risolvere ogni piccolo dubbio o difficoltà.

Esserci sempre a livello emotivo, con attenzione attiva e capacità di ascolto, è più importante rispetto a riempirli di attività e gestire ogni loro secondo di vita.

Pensateci, in questi giorni. 

Forse, se questa esperienza così lunga ed emotivamente faticosa vi avrà aiutati a vedere la vostra vita e quella dei vostri figli con occhi diversi, allora sarà servita non solo a tutelare la salute di tutti, ma anche a renderci persone migliori per il momento in cui potremo tornare alla vita di prima.


martedì 10 marzo 2020

La Musica è Gioia ai tempi del coronavirus

Da quando ho chiuso lo studio causa coronavirus, i miei allievi non hanno MAI smesso di lavorare : studiano ogni giorno, mi inviano video dei loro esercizi, ricevono i miei feedback e preparano nuovi video, e da ieri facciamo anche lezione online, e non solo con i grandi ma anche con i piccoli, di 4 anni.

Può sembrare che insegnare violino a distanza a bambini piccolissimi e ad assoluti principianti sia impossibile. Come far seguire le indicazioni, come mostrare cosa fare, come correggerli senza poterli toccare e senza potersi avvicinare? 
All'inizio ero un po' in dubbio anch'io, non tanto per una questione di lontanaza quanto di motivazione, infatti durante le mie lezioni ho a disposizione diverso materiale "accessorio" per rendere la lezione più varia e divertente: giochi, stickers, palloncini, strumenti vari, pianoforte e molto altro, dunque temevo che i bambini si sarebbero annoiati dovendo concentrarsi molto di più sulla tecnica e non potendo fare nient'altro che suonare.



Una preoccupazione che riportano le maestre di scuola non mi creava, invece, nessun problema: secondo alcuni loro articoli e post, la didattica a distanza sarebbe infattibile perchè i bambini avrebbero bisogno di vicinanza e contatto fisico, abbracci, coccole; ma, come ho detto più volte, io non penso che un'insegnante debba dare amore agli alunni, almeno non nel senso di coccole e fisicità, ma che la relazione insegnante-allievo possa benissimo svilupparsi ed esistere in altri modi, prima fra tutte la competenza didattica e la passione per il proprio lavoro, che non vuol dire, però, fare le veci di un genitore.

Dunque le mie lezioni sono iniziate e subito con ottimi risultati. I bambini sono motivati, volenterosi, concentrati, e i genitori collaborano, seguono le mie istruzioni, prendono appunti ed ascoltano, anche a distanza, i miei suggerimenti con interesse ed impegno.

Francesca durante una lezione a distanza

Data la preparazione dei genitori, che nel corso del nostro lavoro insieme in studio hanno imparato ad aiutare i figli anche dal punto di vista tecnico, il fatto di non poter guidare fisicamente gli allievi non è un problema, perchè lo fanno loro, e l'unica vera difficoltà che incontro è relativa al controllo della qualità del suono, perchè il microfono del pc mi fa arrivare il suono del violino piuttosto distorto e difficile da valutare con precisione. Tuttavia, anche per questo problema ho trovato una soluzione, e chiedo alle famiglie di inviarmi dopo la lezione dei video dai quali sento meglio suono ed intonazione.

Francesca esegue la scala di Sol maggiore :



La cosa più bella è davvero la serietà e la passione con cui i bambini affrontano questa novità purtroppo obbligata. Loro hanno una capacità di adattamento, una volontà ed una resilienza che vanno oltre ogni imprevisto e difficoltà. Non possono fare lezione in studio? La fanno online. Non possono vedermi di persona? Mi vedono tramite uno schermo, sorridono e sono felici lo stesso e mi mostrano la loro stanza, la loro casa, i loro animali. Mi raccontano dei compiti di scuola e di come sia difficile rimanere sempre in casa; ma il violino fa loro compagnia, è evidente e molto gratificante.

In questo periodo così surreale e complicato lo studio del violino rimane per loro un punto fermo, una certezza ed un mezzo di espressione nonchè, come sempre, uno strumento educativo. I genitori credono tantissimo nell'importanza educativa del nostro percorso, lo vedo da quanto sono coinvolti, attenti e desiderosi di lavorare il meglio possibile con i propri bambini con costanza, serenità e tranquillità.  Per quanto possibile nel periodo in cui ci troviamo, ma questa esperienza è utile anche per mantenere la concentrazione su altro e passare un tempo di qualità e persino allegria con i propri figli.




Inoltre la mia relazione con loro può esprimersi anche a distanza, io sono, come sempre, sorridente, accogliente, sinceramente interessata a loro e felice di vederli, non ho bisogno di essere vicina per trasmettere il mio entusiasmo per il lavoro che facciamo insieme, e loro lo sentono e reagiscono di conseguenza. 

Sono davvero fiera degli allievi che sono e delle persone che sono e che stanno diventando, della loro forza e determinazione e della loro gioia di suonare e vitalità, nonchè dei progressi che fanno ogni giorno anche quando le cose non sono facili.

Anche i piccolissimi lavorano a casa con la loro mamma ed il loro papà, ed i risultati sono a dir poco ottimi.

ecco il piccolissimo Thomas, non ancora 3 anni, allievino con la sindrome di Williams, che studia a casa con il papà:



Artemisia, 3 anni e mezzo, lavoro con grande concentrazione e precisione sia con il papà sia con la mamma, e tra poco sarà pronta per suonare con le dita!





Pietro è uno dei miei allievi più "giovani", un minuscolo violinista di 2 anni appena compiuti, eppure si divertente talmente tanto con la musica che arriva a studiare anche 20-30 minuti in un solo giorno!!



Edoardo ha compiuto 3 anni a Dicembre ed ha iniziato le lezioni con me a Novembre, ma in così poco tempo ha già svolto una parte consistente del programma. Purtroppo un paio di settimane fa si è rotto un braccio, ma neanche questo lo ha fermato, e studia lo stesso a casa il programma di ritmica, CML e la presa dell'arco. 



I più grandi portano avanti programmi complessi e fanno passi avanti costanti senza arrendersi mai.

Noemi ha iniziato a suonare a 4 anni, poi l'anno scorso l'ho avviata al metodo Suzuki facendola ricominciare dal Volume 1, eppure lei non si è mai scoraggiata nè arresa ed ha sempre studiato con molta tenacia e passione, ed oggi continua a progredire nel suono, nell'intonazione e nel controllo tecnico:



 Per finire, ecco Maria,8 anni (Trisomia 21) che ha imparato a suonare tutta la prima variazione di Bella Stella con sicurezza e precisione e lavora a casa con grande entusiasmo:



Insomma, il coronavirus starà pure creando difficoltà e scombussolando le loro vite, ma per questi bambini la musica rimane qualcosa di importante e quotidiano anche nelle lunghe giornate a casa, e quando tutto sarà finito ricostituiremo anche l'orchestra e sarà bellissimo ritrovarsi, non più davanti ad uno schermo ma "per davvero!", a suonare insieme.


domenica 19 gennaio 2020

Campagna di Crowfunding Musica è Gioia: aiutatemi a realizzare un sogno!

Ho bisogno del vostro aiuto per realizzare un progetto molto importante: un campo estivo musicale per bambini anche con disabilità, e la registrazione di un cd di miei piccolissimi allievi (5-9 anni). Per favore, date anche un piccolo contributo e soprattutto fate girare il più possibile!! Grazie!

PAGINA DEL PROGETTO

https://www.eppela.com/it/projects/26643-musica-e-gioia-2020

VIDEO DI PRESENTAZIONE PROGETTO



domenica 5 gennaio 2020

Musica classica e pubblico: a cosa servono le regole dei concerti?

Chi ha assistito ai concerti dei miei allievi conosce molto bene la mia insistenza nel richiedere al pubblico, prima e durante il concerto, silenzio assoluto ed applausi solo in momenti stabiliti del programma. 
Nel mio caso, tale richiesta ha lo scopo di permettere a tutti i miei allievi di partecipare ai concerti, perchè alcuni hanno difficoltà di attenzione e concentrazione, e sono quindi facilmente distraibili in presenza di stimoli anche minimi, ed altri possono essere infastiditi dai rumori e dalla folla, a meno che le persone presenti non facciano sentire la loro "presenza" il meno possibile.
Nei concerti di musica classica, comunque, il fatto di rimanere seduti al proprio posto ed in silenzio , applaudendo nei momenti esatti, è una prassi, e per alcune persone è uno dei motivi a causa dei quali i giovani si avvicinano sempre meno alla musica classica e non amano partecipare ai concerti.



Beh, io non sono d'accordo.
Non tanto sul fatto che questo scoraggi i giovani, perchè è possibile, ma non sono d'accordo sul fatto che si debbano cambiare le regole e le routine dei concerti per rendere la musica classica più "interessante".

Prima di tutto, fare silenzio quando si ascolta un concerto ha un significato ed uno scopo ben precisi, che a mio parere sono molto importanti: intanto dimostra rispetto verso chi sta suonando, donando la sua arte, la sua competenza e le sue emozioni al pubblico; poi permette di ascoltare veramente, comprendendo ed apprezzando l'opera musicale e lasciandosi emozionare da essa.
Per lo stesso motivo, stare al proprio posto, applaudire tutti insieme ed evitare di fotografare facendo rumore ed usando i flash sono funzionali al permettere a tutti di ascoltare davvero e nel modo più concentrato e coinvolto possibile.



Non è facile, lo so, e capisco che per un adolescente o un giovane, abituato ad un genere di musica e ad ambienti ben diversi, in cui volume, ritmi e modalità di ascolto sono ben più "sostenuti", possa essere demotivante dover sottostare a regole simili. Ma penso che, se si iniziasse prima ad educare il potenziale pubblico all'ascolto, partecipare ad un concerto potrebbe diventare per tutti un'esperienza naturale, arricchente e piacevole, anche se più tranquilla rispetto ad altre.

La chiave dovrebbe essere quella della diffusione di una cultura musicale precoce, fin da quando i bambini sono molto piccoli, trasmettendo loro il piacere di ascoltare musica, andare ai concerti ed, ovviamente, suonare.

Questo permetterebbe di avere un pubblico più vasto e composto anche da giovani, abituati fin da bambini ad ascoltare ogni genere di musica compresa la classica, ma al tempo stesso abituato a seguire alcune regole, prima di tutto quella relativa alle modalità di ascolto.




I miei allievi, ad esempio, seguono i concerti fin da quando sono piccolissimi, già a 2-3 anni, e per loro è chiarissimo il perchè si debba stare fermi ed in silenzio per tutta la durata dello spettacolo, tuttavia non vivono queste regole come imposizioni, ma ne capiscono lo scopo ed, anzi, apprezzano la musica ed i concerti proprio grazie ad esse.
Addirittura, sono loro i primi a ricordarle ai genitori, spiegando che "altrimenti il concerto verrà male perchè nessuno riuscirà a concentrarsi".
Eppure non sono piccoli geni nè bambini diversi dagli altri, ma solo persone che sono state educate ad apprezzare la musica, a concentrarsi su qualcosa di importante e significativo escludendo altri stimoli (quali, sia a lezione sia ai concerti, tablet e cellulari), ma soprattutto all'ascolto ed al rispetto dell'altro.


giovedì 26 dicembre 2019

Il segreto del successo è la pazienza

Ascoltando questo discorso ad un TEDX, ho riflettuto sulle analogie tra quello che dice il relatore ed il percorso dei miei allievi con il violino.




Per prima cosa, da psicologa posso confermare che le ultime generazioni stanno crescendo in un mondo sempre più veloce, in cui tutto si può ottenere subito, nel giro di pochi secondi, senza fare nessuna fatica e senza assaporare il valore dell'attesa.

Per questo, penso che uno degli scopi dello studio di uno strumento musicale possa essere proprio quello di contrastare tale tendenza, evitando che i bambini crescano pensando di poter ottenere tutto nell'immediato e con facilità, ma imparino invece ad aspettare, a tollerare la frustrazione ed a posticipare la gratificazione dei loro desideri per ottenere in seguito risultati più importanti.

Io non parlo, come il relatore in questione, di successo e risultati in termini economici, ma in termini di apprendimento, e quindi soddisfazione personale, emozioni positive ed autostima.



Ma penso che le strategie per raggiungere questo altro tipo di "successo" siano le stesse da lui descritte, ed ecco quali competenze può insegnare lo studio di uno strumento.

Prima di tutto, suonare insegna la costanza :  durante le ore di studio, si fanno tantissimi errori. All'inizio alcuni passaggi non vengono proprio, si provano e si riprovano ma continuano a  venire male, ad essere sbagliati ed imprecisi. Eppure, per quanto l'erorre a scuola venga sottolineato in negativo e addirittura demonizzato, sbagliare è fondamentale per imparare.
Quindi il piccolo musicista impara a non lasciar perdere al primo errore, ma anzi impara a tollerare di sbagliare, e quindi ripete, fa , rifa, finchè l'errore diventa sempre più piccolo e ad un certo punto scompare. Poi ne usciranno altri, dato che la perfezione è impossibile, ma anche questi verranno accettati e modificati in modo da suonare al meglio e con il risultato migliore possibile.
Stessa cosa durante i concerti: quando si esegue un brano in pubblico, suonare perfettamente è ancora più difficile, ma non importa. L'allievo imparerà ad accettare anche questo, si divertirà a suonare, sarà felice, e ad ogni ripetizione dello stesso pezzo ad un concerto, il risultato sarà migliore, ma soprattutto il bambino avrà appreso la costanza e la determinazione.



Un'altra parola chiave che ritrovo nel discorso di cui sopra è "processo" : l'apprendimento è indubbiamente un processo, ed ai genitori che mi chiedono come mai il proprio figlio non abbia ancora imparato a suonare dopo "ben un mese" di lezioni, rispondo che tale processo è appena iniziato e richiederà settimane, mesi, anni per essere attuato, anzi addirittura non sarà mai concluso!

Imparare a suonare, infatti, non richiede giorni nè settimane, ma anni ed anni, per alcuni bambini anche più anni rispetto ad altri, ma tutti impareranno. Impareranno, però, solo se allievi e genitori saranno consapevoli di quanto tempo questo percorso richieda e se riusciranno ad appassionarsi al processo di apprendimento e di crescita quotidiana, passo per passo, piuttosto che al risultato.



Il relatore sostiene, inoltre, che il fatto di lavorare quotidianamente, con calma e pazienza, su un obiettivo aiuti anche a godersi maggiormente il tempo presente mantenendo un focus sul "qui ed ora".

I bambini già lo fanno a causa delle loro caratteristiche cognitive, che da piccoli non permettono loro di rappresentarsi in maniera efficace passato e futuro, ma dando loro tutto subito li priviamo della possibilità di godere del tempo presente perchè non possono desiderare qualcosa che lo hanno già ottenuto. Invece grazie allo strumento impareranno che ogni momento vissuto con intensità e concentrazione è importante, ha un valore e darà loro un risultato, sempre in termini di emozioni positive, futuro.

E che ogni cosa importante necessita del suo tempo per essere raggiunta, realizzata e vissuta.



L'apprendimento, quindi, necessità di tempo, che a volte non è neppure lineare. Quando si impara si procede a balzi, si va un po' avanti ed un po' indietro, e poi si torna a procedere.
Quel passaggio che veniva il giorno prima, oggi non viene più (e vi garantisco che non succede solo ai principianti, ma anche ai professionisti!). Una mattina ci si sveglia e l'intonazione non c'è più, qualsiasi brano viene stonato (beati i pianisti che non hanno questo problema! Ma di sicuro ne hanno altri). 
I genitori spesso pensano che situazioni di questo tipo siano la spia del fatto che il figlio "non abbia talento", e sono tentati di mollare, ma è tutto nella norma, è proprio l'apprendimento a funzionare così.


Come ultimo aspetto, in conclusione del suo discorso lo speaker parla dell'utilità di suddividere l'obiettivo finale in tanti piccoli passaggi, per poterne affrontare uno alla volta e concentrarsi su un passo alla volta.

Anche nella musica una strategia simile è fondamentale. 
Per studiare e quindi apprendere in modo efficace, infatti, è indispensabile "spezzattare" le competenze da raggiungere, dividere i brani in più passaggi, in più esercizi tecnici, partire dalle criticità del pezzo o dell'obiettivo tecnico ed analizzarlo scomponendolo, modificandolo, approfondendolo.

Questo tuttavia non deve essere nè un sacrificio nè un peso, ma anzi qualcosa da apprezzare e comprendere a fondo (nel caso di bambini piccoli, sono i genitori a doverlo fare e quindi trasmettere ai figli), per concentrarsi, appunto, sul percorso e non solamente sul risultato.

Solo così si darà la possibilità ai bambini di costruire giorno per giorno la propria storia positiva di successi e soddisfazioni personali, sentendosi sempre più capaci, autoefficaci e sicuri di sè e sentendo dentro di sè la motivazione a continuare anche in futuro il loro percorso con lo strumento.




lunedì 16 dicembre 2019

Bambini e palcoscenico

Sull'argomento delle esibizioni dei bambini sento spesso pareri discordanti e controversi. 
Maestre, psicologi, educatori, genitori pensano che chiedere ai bambini di esibirsi in pubblico possa essere sbagliato e non rispettoso dei "loro tempi", e molti genitori ricordano con terrore i "saggi" di danza, chitarra e pianoforte in cui da bambini sono costretti ad esibirsi, desiderando solo che l'esperienza potesse finire al più presto.



Intanto, come ho già spiegato in un altro post (http://musicaegioia.blogspot.com/2018/12/la-differenza-tra-recita-o-saggio-e.html), quelli che faccio fare ai miei allievi non sono "saggi" nè tantomeno "recite", ma veri e propri concerti in cui piccoli musicisti condividono la loro arte con altre persone senza dover dimostrare niente a nessuno e senza "esibirsi" in alcun modo, ma suonando solo per la gioia di fare musica e di trasmetterla agli altri.



Poi noto quanto purtroppo sia ancora radicata l'idea di un'educazione basata sulla punizione: obbligare, costringere, forzare...

invece non si tratta di fare nulla di tutto questo, ma di motivare.

Motivare significa suscitare la voglia di fare una determinata cosa trasmettendone gli aspetti positivi e quindi rendendola, di per sè, bella, desiderabile.

E qui arriva un'altra obiezione: " ma se un bambino non ha voglia, non se la sente, ha paura, non sarebbe meglio non farlo suonare?"

Per quanto mi riguarda, non esiste che un mio allievo non suoni ad un concerto. Eppure ho ed ho avuto allievi non solo con difficoltà importanti, disabilità, autismo, ma anche con disturbi d'ansia, attacchi di panico, fobia sociale, tutte caratteristiche che cozzano un po' con il fatto di trovare a fare qualcosa in una sala gremita di persone. Ma, nonostante questo, tutti, e dico tutti, hanno sempre suonato ai miei concerti.

Li ho forzati? No, mai. Li ho motivati, supportati, incoraggiati, incentivati. Ho lavorato con loro sugli aspetti emotivi, comportamentali e psicologici connessi ad un'esperienza simile- come sa chi segue queste pagine, sono anche Psicologa e tecnico del comportamento, quindi ho competenze specifiche per farlo- ed ho fatto in modo che gradualmente tali eventi arrivassero ad essere anche per loro piacevoli, divertenti ed addirittura desiderabili.

Infatti loro suonano dovunque!! Ecco alcune allieve, dopo un concerto, al ristorante!

Perchè? Perchè sono convinta che evitare ai bambini ogni minima frustrazione non sia positivo nè educativo. Un concerto non può e non deve essere un'esperienza per loro negativa e traumatica, ma una minima quota di ansia e di preoccupazione è normale e quasi auspicabile, perchè insegna l'importanza e la serietà di certe situazioni.

Tutti quando vorrebbero fare bene qualcosa provano preoccupazione ed a volte anche paura, ma l'importante è insegnare ai bambini a tollerare queste emozioni, viverle, "sosternerle" ed affrontarle, perchè poi saranno fieri ed orgogliosi di ciò che sono riusciti a fare, e la loro autostima ed autoefficacia (la convinzione di poter fare qualcosa) ne usciranno rafforzate.


Anche per noi adulti funziona così.  Se continuiamo a fuggire da qualcosa che ci fa paura, il nostro evitamento verrà rinforzato e diventerà parte di noi. Se, al contrario, riusciamo ad uscire dalla nostra zona di comfort e metterci alla prova, impareremo che quella cosa non è così difficile che ci sembrava, e capiremo di essere in grado di fare cose fantastiche!

Per i bambini il meccanismo è esattamente lo stesso, quindi perchè non incoraggiarli, dando un valore prima di tutto educativo ad un concerto e sottolineando le emozioni positive, l'entusiasmo, il divertimento e la felicità che un'esperienza di questo tipo può regalare?

Prima di tutto, però , dobbiamo crederci noi adulti, perchè sarà grazie a noi che potrà esistere la differenza tra una situazione potenzialmente negativa ed invece un'esperienza indimenticabile per un bambino.

Un momento esilarante del concerto di Natale 2019!