Per prima cosa, da psicologa posso confermare che le ultime generazioni stanno crescendo in un mondo sempre più veloce, in cui tutto si può ottenere subito, nel giro di pochi secondi, senza fare nessuna fatica e senza assaporare il valore dell'attesa.
Per questo, penso che uno degli scopi dello studio di uno strumento musicale possa essere proprio quello di contrastare tale tendenza, evitando che i bambini crescano pensando di poter ottenere tutto nell'immediato e con facilità, ma imparino invece ad aspettare, a tollerare la frustrazione ed a posticipare la gratificazione dei loro desideri per ottenere in seguito risultati più importanti.
Io non parlo, come il relatore in questione, di successo e risultati in termini economici, ma in termini di apprendimento, e quindi soddisfazione personale, emozioni positive ed autostima.
Ma penso che le strategie per raggiungere questo altro tipo di "successo" siano le stesse da lui descritte, ed ecco quali competenze può insegnare lo studio di uno strumento.
Prima di tutto, suonare insegna la costanza : durante le ore di studio, si fanno tantissimi errori. All'inizio alcuni passaggi non vengono proprio, si provano e si riprovano ma continuano a venire male, ad essere sbagliati ed imprecisi. Eppure, per quanto l'erorre a scuola venga sottolineato in negativo e addirittura demonizzato, sbagliare è fondamentale per imparare.
Quindi il piccolo musicista impara a non lasciar perdere al primo errore, ma anzi impara a tollerare di sbagliare, e quindi ripete, fa , rifa, finchè l'errore diventa sempre più piccolo e ad un certo punto scompare. Poi ne usciranno altri, dato che la perfezione è impossibile, ma anche questi verranno accettati e modificati in modo da suonare al meglio e con il risultato migliore possibile.
Stessa cosa durante i concerti: quando si esegue un brano in pubblico, suonare perfettamente è ancora più difficile, ma non importa. L'allievo imparerà ad accettare anche questo, si divertirà a suonare, sarà felice, e ad ogni ripetizione dello stesso pezzo ad un concerto, il risultato sarà migliore, ma soprattutto il bambino avrà appreso la costanza e la determinazione.
Un'altra parola chiave che ritrovo nel discorso di cui sopra è "processo" : l'apprendimento è indubbiamente un processo, ed ai genitori che mi chiedono come mai il proprio figlio non abbia ancora imparato a suonare dopo "ben un mese" di lezioni, rispondo che tale processo è appena iniziato e richiederà settimane, mesi, anni per essere attuato, anzi addirittura non sarà mai concluso!
Imparare a suonare, infatti, non richiede giorni nè settimane, ma anni ed anni, per alcuni bambini anche più anni rispetto ad altri, ma tutti impareranno. Impareranno, però, solo se allievi e genitori saranno consapevoli di quanto tempo questo percorso richieda e se riusciranno ad appassionarsi al processo di apprendimento e di crescita quotidiana, passo per passo, piuttosto che al risultato.
Il relatore sostiene, inoltre, che il fatto di lavorare quotidianamente, con calma e pazienza, su un obiettivo aiuti anche a godersi maggiormente il tempo presente mantenendo un focus sul "qui ed ora".
I bambini già lo fanno a causa delle loro caratteristiche cognitive, che da piccoli non permettono loro di rappresentarsi in maniera efficace passato e futuro, ma dando loro tutto subito li priviamo della possibilità di godere del tempo presente perchè non possono desiderare qualcosa che lo hanno già ottenuto. Invece grazie allo strumento impareranno che ogni momento vissuto con intensità e concentrazione è importante, ha un valore e darà loro un risultato, sempre in termini di emozioni positive, futuro.
E che ogni cosa importante necessita del suo tempo per essere raggiunta, realizzata e vissuta.
L'apprendimento, quindi, necessità di tempo, che a volte non è neppure lineare. Quando si impara si procede a balzi, si va un po' avanti ed un po' indietro, e poi si torna a procedere.
Quel passaggio che veniva il giorno prima, oggi non viene più (e vi garantisco che non succede solo ai principianti, ma anche ai professionisti!). Una mattina ci si sveglia e l'intonazione non c'è più, qualsiasi brano viene stonato (beati i pianisti che non hanno questo problema! Ma di sicuro ne hanno altri).
I genitori spesso pensano che situazioni di questo tipo siano la spia del fatto che il figlio "non abbia talento", e sono tentati di mollare, ma è tutto nella norma, è proprio l'apprendimento a funzionare così.
Come ultimo aspetto, in conclusione del suo discorso lo speaker parla dell'utilità di suddividere l'obiettivo finale in tanti piccoli passaggi, per poterne affrontare uno alla volta e concentrarsi su un passo alla volta.
Anche nella musica una strategia simile è fondamentale.
Per studiare e quindi apprendere in modo efficace, infatti, è indispensabile "spezzattare" le competenze da raggiungere, dividere i brani in più passaggi, in più esercizi tecnici, partire dalle criticità del pezzo o dell'obiettivo tecnico ed analizzarlo scomponendolo, modificandolo, approfondendolo.
Questo tuttavia non deve essere nè un sacrificio nè un peso, ma anzi qualcosa da apprezzare e comprendere a fondo (nel caso di bambini piccoli, sono i genitori a doverlo fare e quindi trasmettere ai figli), per concentrarsi, appunto, sul percorso e non solamente sul risultato.
Solo così si darà la possibilità ai bambini di costruire giorno per giorno la propria storia positiva di successi e soddisfazioni personali, sentendosi sempre più capaci, autoefficaci e sicuri di sè e sentendo dentro di sè la motivazione a continuare anche in futuro il loro percorso con lo strumento.