Guardando alcune interviste ad attori e personaggi televisivi ho iniziato a riflettere sul concetto di improvvisazione.
Il senso comune, infatti, pensa che molte attività artistiche siano frutto dell'improvvisazione: noi musicisti ci sentiamo chiedere molto spesso " Ma quando suoni improvvisi? Sei capace di vedere per la prima volta un pezzo e suonarlo, oppure lo improvvisi sul momento?" E la stessa cosa viene chiesta agli attori o in generale alle persone che svolgono professioni in cui ci sia un pubblico, come se tutto il nostro lavoro fosse dato dall'ispirazione, da qualcosa di magico ed inafferrrabile, difficile da definire, che arriva all'improvviso e rende possibile determinate performance.
Anche nella didattica, chi non è del mestiere, o chi segue certi approcci, tra i quali alcune scuole di musicoterapia, pensa che produrre suoni a caso con uno strumento qualsiasi possa esssere definito improvvisazione, e possa addirittura essere terapeutico "per buttare fuori le nostre emozioni e per esprimere noi stessi".
Oppure chi vede insegnare attività artistiche, o anche sportive, immagina che l'insegnante stia "improvvisando", inventando al momento una lezione adatta a quel bambino in base all'ispirazione del momento.
In tutti i casi che ho citato, invece, non è così.
L'improvvisazione, in alcune attività, è largamente sopravvalutata, ed è la spiegazione che viene data quando vediamo performance che non riusciamo a comprendere e che ci sembrano molto complesse e quindi difficili da ottenere, o , al contrario, talmente semplici ed ovvie da poter essere state soltanto ideate sul momento.
Al contrario, nelle attività di un certo livello l'improvvisazione rappresenta, prima di tutto, una parte molto limitata di ciò che vediamo, ma soprattutto è il risultato di una lunga e meticolosa preparazione precedente, in modo che, in un secondo momento, tutto ciò che abbiamo studiato, imparato e preparato possa confluire in un'esecuzione talmente chiara e fluida da sembrare inventata lì per lì.
La creatività ovviamente c'è, ma è una competenza che entra in gioco in un secondo momento, quando sappiamo padroneggiare tutti gli strumenti tecnici per una performance e siamo quindi libri di aggiungere il nostro tocco personale.
Nessun musicista improvvisa al momento ciò che suona, come nessun attore recita senza aver prima studiato, ed anche l'improvvisazione vera, in cui si suona o si recita senza "copione", è il risultato dell'applicazione di regole apprese che vengono poi "rimescolate" e riapplicate in un nuovo contesto ed in combinazione talvolta originali, ma che nascono comunque da uno studio approfondito di ciò che stiamo andando a fare.
Alla fine, proprio chi è più preparato sembra improvvisare maggiormente, perchè quello che fa è talmente spontaneo da sembrare creato al momento, ma in realtà è estremamente pensato e preparato da dar luogo ad un'estrema facilità e libertà nell'esecuzione.
Come ho letto in un libro, si tratta di " ricordare per poter dimenticare"ciò che abbiamo appreso, ma per ricordare e dimenticare bisogna prima imparare, altrimenti cosa dimentichiamo??7
Come accennavo prima, la stessa cosa avviene anche nella didattica dello strumento, sia per l'allievo sia per l'insegnante.
Durante le mie lezioni a volte lascio che i bambini giochini con lo strumento, ma facendo in modo che siano consapevoli di stare giocando e non esprimendo sè stessi o improvvisando. Se, invece, decido di insegnare loro ad improvvisare, allora ci lavoriamo, in modo che, più avanti, essi possamo comporre o inventare brani loro, esprimendo allora davvero la loro creatività e personalità. Ma senza apprendimento stutturato non si va da nessuna parte, ed io non credo che, come succede ad esempio nella musicoterapia, un bambino che fa rumore a caso con uno strumento stia esprimendo le sue emozioni... al massimo si starà "sfogando", ma in modo aspecifico e senza nessun vero obiettivo nè apprendimento utile per la sua vita. Che senso ha, dunque?
Non che sia vietato giocare, ma mi sembra inutile farlo in un contesto dal quale è possibile venire arricchiti in ben altro modo da un professionista del settore.
Anche quando insegno potrebbe sembrare che io improvvisi, e talvolta è vero, nel senso che sono un'insegnante molto flessibile e che segue il più possibile la motivazione e gli interessi dell'allievo. Quindi non sempre preparo un piano di lezione dettagliato, o anche quando lo preparo non riescco a seguirlo quasi mai, e lo tengo solo come "canovaccio" per ricordarmi in che direzione sto andando e quali sono gli obiettivi di quella sessione di lavoro.
Ma questo è frutto, prima di tutto, di 10 anni ("non ufficiali" anche 20...) di esperienza sul campo, in molti ambiti diversi e con allievi di tutti i livelli e tutte le età- anche se prevalentemente principianti molto piccoli-, poi di un lungo esercizio e tanto studio. Ho studiato e continuo a studiare metodi, approcci, leggo, seguo lezioni di altri insegnanti anche a livelli molto alti, mi specializzo, e poi tutto confluisce ogni volta in una singola lezione che può sembrare inventata di sana pianta.
E sono convinta che, riprendendo il paragone con un attore, l'insegnante debba "ricordare per poi dimenticare" ciò che ha studiato, essere in grado di motivare e seguire gli spunti e le passioni dell'allievo, ed essere sempre "nel momento", concentrato su ciò che sta facendo, proprio per riuscire ad applicare una determinata tecnica didattica nel modo più fluido possibile.
Da questa analisi mi sembra chiaro come ciò che le persone considerano improvvisazione sia, in realtà, il risultato di un lavoro vasto ed approfondito che porta, alla fine, alla famosa ispirazione di cui si parla tanto spesso. Dunque non è l'ispirazione che rende possibile suonare, comporre, recitare, imparare o insegnare, ma la tecnica produce ispirazione, espressione di sè e performance di successo grazie ai contenuti da noi appresi e rielaborati.
Non è che questo renda meno "artistiche" certe professioni o tolga "magìa" a ciò che facciamo, ma anzi la rende possibile e ci permette di essere davvero liberi di esprimere noi stessi.
Ma questo è frutto, prima di tutto, di 10 anni ("non ufficiali" anche 20...) di esperienza sul campo, in molti ambiti diversi e con allievi di tutti i livelli e tutte le età- anche se prevalentemente principianti molto piccoli-, poi di un lungo esercizio e tanto studio. Ho studiato e continuo a studiare metodi, approcci, leggo, seguo lezioni di altri insegnanti anche a livelli molto alti, mi specializzo, e poi tutto confluisce ogni volta in una singola lezione che può sembrare inventata di sana pianta.
E sono convinta che, riprendendo il paragone con un attore, l'insegnante debba "ricordare per poi dimenticare" ciò che ha studiato, essere in grado di motivare e seguire gli spunti e le passioni dell'allievo, ed essere sempre "nel momento", concentrato su ciò che sta facendo, proprio per riuscire ad applicare una determinata tecnica didattica nel modo più fluido possibile.
Da questa analisi mi sembra chiaro come ciò che le persone considerano improvvisazione sia, in realtà, il risultato di un lavoro vasto ed approfondito che porta, alla fine, alla famosa ispirazione di cui si parla tanto spesso. Dunque non è l'ispirazione che rende possibile suonare, comporre, recitare, imparare o insegnare, ma la tecnica produce ispirazione, espressione di sè e performance di successo grazie ai contenuti da noi appresi e rielaborati.
Non è che questo renda meno "artistiche" certe professioni o tolga "magìa" a ciò che facciamo, ma anzi la rende possibile e ci permette di essere davvero liberi di esprimere noi stessi.
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