lunedì 21 marzo 2022

La lezione di prova ... non "prova" niente!

 Perchè non amo le lezioni "di prova":

In una lezione è impossibile capire cosa significhi suonare uno strumento, molti bambini vengono a lezione senza avere idea di cosa sia un violino e di cosa voglia dire suonare.
Ed anche i genitori non ne hanno idea.
Imparare a suonare è un'attività a lungo termine, che richiede almeno 6 mesi/1 anno per "farsi un'idea" di cosa sia veramente.
A tutti noi piace ciò che siamo in grado di fare, e più siamo capaci e bravi più siamo motivati a farlo ed a continuare.
Ma in una lezione è impossibile imparare qualcosa, al massimo si può conoscere l'insegnante e l'ambiente, prendere in mano una volta lo strumento, ma sicuramente non suonare davvero.
Inoltre, come regola generale sarebbe meglio che i primi due/tre incontri con un nuovo allievo fossero dedicati alla conoscenza ed alla costruzione di una relazione con il bambino, facendo meno richieste possibili e proponendo attività motivanti e non impegnative, quindi capite che le prime lezioni "dicono" davvero poco del corso.
I nuovi genitori spesso mi dicono "Vorremmo venire una volta per vedere se gli piace". Ma le prime lezioni piaceranno per forza al bambino: giocheremo, ci conosceremo, non farò richieste. Le difficoltà, l'impegno e la fatica verranno dopo, con il tempo, e gradualmente lo studio dello strumento sarà sempre più impegnativo.
Ed a quel punto molti genitori diranno "Adesso non gli piace più".
Ma lo studio dello strumento è QUESTO. E'
divertimento
, sì, allegria, gioco, ma ANCHE impegno, fatica, costanza, a volte lacrime (il meno possibile, e mai a lezione, ma a casa è normale che qualche volta il bambino si scoraggi e pianga... è la vita ad essere ad alti e bassi!) ...
Ma se il lavoro sulla motivazione sarà stato fatto nel modo corretto, al bambino il violino piacerà lo stesso, anche con alti e bassi, ed una crisi davanti alle prime difficoltà non sarà un segnale del fatto che suonare non gli piace più, ma una fase normale di un percorso lungo.
Un percorso LUNGO.
A LUNGO termine.
Della durata di almeno un anno o di 3-4-5 , a volte 10 anni ... perchè solo così questa esperienza avrà avuto un senso, un significato.
Ecco perchè la lezione di prova non serve e non "prova" nulla.
Nel mondo di oggi il tempo ha sempre meno importanza, ma per fortuna lo studio della musica può dare ai vostri figli la possibilità di imparare il valore del tempo.
Tuttavia, la volontà di recuperare questo valore deve partire da noi adulti.




domenica 27 febbraio 2022

Come cambiare prospettiva nella didattica: iniziamo a guardare ciò che funziona!

 "Ho capito di dovermi concentrare su tutto quello che avevo e che funzionava. Non penso mai di non riuscire a fare una cosa perchè le mie gambe non funzionano o le mie braccia non ci arrivano, invece devo trovare un sistema nuovo per farlo"

Francesca Porcellato - campionessa paralimpica

https://www.youtube.com/watch?v=rITh_KMqAG4


La frase che riporto riassume la mia visione dell'insegnamento ai bambini con disabilità.

Gran parte del mondo della musica, purtroppo, è ancora estremamente chiuso e rigido, perciò pensa che, se una persona ha delle difficoltà di qualsiasi tipo, allora non possa imparare. Molti musicisti ed insegnanti pensano ancora oggi che la pratica strumentale sia riservata a chi ha facilità e "talento", mentre chi "fa fatica" dovrebbe lasciar perdere e non provarci neanche.

Personalmente, invece, insegno da molti anni a tutti, con l'unico requisito dell'età, inferiore ai 9-10 anni, non perchè pensi che dopo non si possa imparare, ma perchè il metodo di lavoro che utilizzo si adatta meglio ai bambini, e perchè penso che specializzarsi in un determinato settore porti ad essere più efficaci in ciò che si fa (almeno, per me funziona così).

Ma, a parte questo, tra i miei allievi ci sono bambini senza nessuna difficoltà, bambini con un livello cognitivo superiore alla norma, ed anche bambini con difficoltà cognitive, motorie, emotive, comunicative, linguistiche, comportamentali, sensoriali, talvolta persino tutte insieme ed anche gravi.

Le loro diagnosi sono di autismo, disabilità intellettiva, paralisi cerebrali, sindromi genetiche, condizioni neurmuscolari, sordità, sordo-cecità, ritardo del linguaggio, disturbi dell'attenzione, disturbi psicologici, oppure nessuna diagnosi anche in presenza di difficoltà evidenti, perchè purtroppo capita anche questo.




Ho iniziato ad insegnare violino per caso, dopo alcuni anni di esperienza in campo educativo, primi tentativi didattici nella propedeutica musicale e molti anni di studi e ricerca in quella che sarebbe diventata la mia strada nella vita.

Nonostante all'inizio non avessi un metodo di lavoro chiaro e strutturato come adesso, nel mio approccio c'è sempre stata una costante, riassumibile appunto dalla frase che ho citato in apertura, che consiste nel vedere ciò che i bambini hanno e sanno fare e non i loro limiti e le loro difficoltà.

Le potenzialità, insomma.

Penso che ovviamente le difficoltà non vadano negate nè ignorate, così come le informazioni contenute i in una diagnosi, che possono aiutarci a capire quali potrebbero essere, in generale, le caratteristiche e le lacune di un certo bambino.

Dire, ad esempio, "l'autismo è uno stile di vita e le persone autistiche non hanno nessun problema"non è corretto e non aiuta nè i bambini autistici stessi nè chi lavora con loro, perchè è un approccio che nega quelle che di fatto non solo solamente caratteristiche ma anche difficoltà.

Però, pensare che essere siano solo un limite a causa del quale un bambino non potrà mai accedere a certi apprendimenti o svolgere alcune attività è altrettanto sbagliato.

Potenzialità e difficoltà vanno tenute in conto entrambe, ma le seconde non devono precludere certe esperienze e certe acquisizioni.


Se un allievo non può camminare e fatica a muovere le mani, non servirà a nulla pensare che i suoi arti funzionino perfettamente, perchè ovviamente non è vero, ma si potrà invece trovare delle soluzoni che gli permettano, pur con qualche modifica, un po' di creatività e tempi differenti, di imparare come gli altri:




Se per un altro è difficile concentrarsi, si può effettuare un percorso che, mediante tecniche specifiche, lo porti passo dopo passo a focalizzarsi sempre di più sul compito ... fino ad arrivare, come Stefano, a suonare la Danza delle Streghe di Paganini e le scale a due e tre ottave a 7 anni, studiando anche un'ora al giorno, in presenza di una diagnosi di autismo : 




Se una bambina, a causa delle sua conformazione fisica, ha le braccia e le dita più corte della media, non serve a nulla pensare che non potrà mai suonare perchè per il violino "servono le dita lunghe" ( cosa peraltro non vera), ma basta trovare la dimensione giusta dello strumento e lavorare molto sulla manualità fine e sulla rotazione del gomito sinistro, in modo che, come Maria, possa arrivare addirittura ad eseguire gli armonici in 4^ posizione e ad usare con facilità il quarto dito:




Se un'alunna ha difficoltà di comunicazione, basta adeguarsi alla sua modalità comunicativa e permetterle di utilizzare le strategie visive che possono supportarla:


Zoe, 10 anni


Anche i bambini piccoli senza alcuna difficoltà possono , d'altra parte, necessitare di adattamenti e di una consapevolezza da parte dell'insegnante delle loro competenze piuttosto che dei limiti dati dalla loro età.

Va da sè che non sia possibile chiedere ad un bambino di 2-3 anni di suonare per 15-20 minuti consecutivi, ma a volte neanche per 5 minuti, perchè a quell'età i tempi di lavoro che un piccolino riesce a sostenere sono molto, molto più ridotti. 

Allora si struttura la lezione in modo da venire incontro alle esigenze del minuscolo allievo, senza pensare a quello che si farebbe in una situazione "standard", che nel mondo reale non esiste, ma adattandosi a ciò che lui può fare.

Così facendo, è possibile insegnare lo strumento a bambini piccolissimi... poco più che neonati in effetti!!

Ginevra, 2 anni:



Andrea, 1 anno e mezzo!!




Insomma, una soluzione si può sempre trovare.

Basta pensare a quello che è possibile fare a ciò che funziona e non solo ai problemi, ai limiti ed alle difficoltà.

Vi garantisco che con un po' di allenamento ci si riesce e dopo qualche tempo si inizia a cambiare prospettiva e tutto diventa più semplice.

Molti pensano che la vita debba essere per forza complessa, difficile o faticosa ... credetemi, non è così.

Avendo fiducia in sè stessi e negli altri, infatti, si possono ottenere risultati che a prima vista sembrano impossibili.



mercoledì 26 gennaio 2022

Emozione o comportamento? L'eterna (inutile) diatriba

 Girano alcuni post che spiegano come gestire le emozioni dei bambini e contrappongono l'attenzione all'emozione , considerata corretta, a quella al comportamento, che sarebbe sbagliata, forse perchè considerata sinonimo di freddezza e distacco.

Ecco i soliti pregiudizi sulle tecniche comportamentali.
Ecco il solito pensiero "Se, di fronte ad alcuni comportamenti, abbracci il bambino, sei empatico e comprensivo; se invece lavori sul comportamento, allora sei distaccato e fai soffrire il bambino,o, peggio, lo "robotizzi".
Almeno fosse così semplice!
Ogni tecnica va saputa utilizzare e va applicata in modo flessibile, SENSIBILE, EMPATICO ed individualizzato.
La conoscenza e l'utilizzo di alcune strategie NON esclude ma, anzi, RICHIEDE l'empatia e la vicinanza emotiva al bambino, e necessita anche di una maggior attenzione al comportamento del piccolo studente, al nostro stesso comportamento ed un maggior controllo di tutte le variabili.
Ma questo NON vuole dire essere freddi e distaccati, anzi!
Non significa che se io non abbraccio un bambino quando è arrabbiato allora non sto entrando in contatto emotivo con lui, significa al contrario che da professionista conosco strategie più efficaci e funzionali, prima di tutto per LUI, per insegnargli a gestire le proprie emozioni ed a mettere in campo comportamenti più funzionali (ripeto, per LUI, non per noi adulti) ed adeguati.
Quindi quando si lavora con i bambini l'empatia è sempre FONDAMENTALE, così come l'attenzione e la comprensione delle emozioni del bambino, cosa che però non esclude un lavoro sul comportamento, ma richiede di lavorare su entrambi gli aspetti e contemporeaneamente anche sulle nostre emozioni e sulla relazione con il bambino.
Se ci pensate, è molto più difficile e richiede un livello di competenza decisamente più alto.
Vi faccio l'esempio della tanto vituperata token economy, un sistema di rinforzo da molti considerato "robotizzante" perchè "addestrerebbe" e "comprerebbe" il bambino promettendogli "premi" in cambio di una prestazione didattica.
A parte che tutto ciò non è vero, guardate questo video in cui lavoro con Anna, 4 anni : sto applicando una tecnica comportamentale, lavoro sul comportamento della bambina e non sulle sue emozioni, ma ditemi se vi sembro fredda, distaccata e poco emotiva, o se lei sembra triste, forzata ed obbligata a lavorare... ditemelo davvero, aspetto i vostri commenti!!