sabato 15 febbraio 2014

Bambini e genitori a lezione di musica : perchè è importante coinvolgere la famiglia?

La maggioranza dei corsi di musica, come quelli sportivi, di danza o teatro, prevede che i genitori non solo non partecipino alle lezioni, ma rimangano proprio fuori dall'aula e non vengano neppure informati di ciò che il bambino, a volte anche molto piccolo, fa durante il corso, se non in occasione dei saggi di metà corso o di fine anno.

Lo stesso succede con le sedute di terapia rivolte a bambini e ragazzi disabili, dalle quali molto spesso la famiglia è accuratamente bandita, perchè "intanto non capirebbe" o "interferirebbe con la terapia", arrivando addirittura ad apporre cartelli che chiedono ai genitori di non entrare assolutamente nella stanza di terapia.

Per i corsi collettivi, soprattutto se sportivi, e rivolti a ragazzini dagli 8-9 anni in su, questo può avere un senso, ma nel caso di lezioni di musica, sia collettive sia individuali, o di terapie rivolte a bambini piccoli o con difficoltà, secondo me è escludere i genitori dal percorso dei figli è un errore.



I bambini, a maggior ragione se molto piccoli, non possono ancora avere l'autonomia e l'indipendenza per affrontare da soli un percorso ricco e complesso come quello musicale, e fino ai 9 -10 anni non sono in grado di recepire fondo le indicazioni dell'insegnante, rielaborare ciò che è stato loro spiegato ed organizzare da soli lo studio quotidiano.

I corsi di musica concepiti in modo tradizionale, nei quali il "sapere" viene trasmesso dall'insegnante all'allievo e "l'ignoranza" resta  al genitore, dunque, diventano molto facilmente dei "parcheggi" da cui il bambino può trarre anche un qualche piacere al momento della lezione, se possiede già una sua motivazione intrinseca, ma non certo un apprendimento approfondito nè un momento di reale crescita ed occasione educativa.

Il metodo educativo, per il quale la musica può benissimo diventare un ottimo strumento, non può essere interiorizzato e generalizzato se rimane confinato ad un unico ambiente vissuto dal bambino per un'ora settimanale, e se non viene esteso a più contesti di vita.

Questo è vero soprattutto nel caso di allievi molto piccoli -è impensabile, infatti, che bambini tra i 12 ed i 36 mesi rimangano da soli in aula con l'insegnante, se non in un contesto, ad esempio, di asilo nido- o con difficoltà, per i quali sia le lezioni di musica sia le terapie perdono molto della loro efficacia e del loro valore se non vengono condivise con il genitore.

Molti medici, terapisti ed insegnanti pensano di detenere il "sapere" e di non poterlo (nè volerlo) trasmettere ai genitori, che invece sono le persone che conoscono meglio quello specifico bambino e che quindi potrebbero venire in aiuto con idee, suggerimenti o consigli.

Inoltre, la presenza del genitore nell'aula di musica o nella sala delle terapie rassicura il bambino e lo aiuta ad ambientarsi, oltre a creare un momento di condivisione positiva di un'attività che può diventare piacevole - nel caso della musica anche divertente!- e ripetibile anche a casa come utile esercizio educativo e per lo sviluppo del bambino.





Per i piccolissimi ( per quanto mi riguarda, parlo di allievi dai 6 mesi ai 3 anni) una lezione di musica non può essere che un momento di gioco, e cosa c'è di più bello del vivere tale esperienza insieme alla mamma, e quando capita anche al papà, e poterla poi inserire nella propria routine quotidiana?

Certo, per il genitore dedicare un'ora della propria settimana alla lezione di musica può essere impegnativo in termini di tempo, energie, voglia di mettersi in gioco, capacità relazionali e comunicative ed anche banalmente di apprendimento (i bambini imparano subito tutto, ma  un'altra cosa è svolgere lo stesso programma a 30 a 40 anni!!) ... ma i piccoli apprezzano tantissimo il tempo che viene loro dedicato e tale condivisione avrà delle ricadute positive sui rapporti in famiglia, sulle possibili attività da svolgere tutti insieme - conosco famiglie in cui tutti suonano e seguono il programma di musica, ed i momenti piacevoli da trascorrere in musica sono i più ricercati!


                        







Per i più grandi, tra gli 8  ed i 10 anni, la presenza del genitore a lezione a mio parere non è più così indispensabile, ma la famiglia va comunque coinvolta ed informata riguardo al percorso didattico del figlio, che a quel punto , nel caso dei miei allievi, si avvicina di più al metodo tradizionale ed è più incentrato sulla pratica strumentale, per fare in modo che l'allievo venga incoraggiato, aiutato e sostenuto nei suoi studi.

Se periodicamente almeno uno dei due genitori, che solitamente è quello più interessato o competente in materia musicale. segue una lezione del figlio e viene sempre informato dei "compiti" che vengono assegnati e degli obiettivi del lavoro che si sta svolgendo, egli potrà ascoltare a casa gli studi del figlio ed aiutarlo in caso di difficoltà, diminuendo gradualmente la sua supervisione fino a che il ragazzino non avrà raggiunto lo stadio del lavoro autonomo e liberamente scelto, cosa che però difficilmente avverrà se prima la motivazione non sarà stata alimentata e sostenuta sia dall'insegnante sia dalla famiglia.





Personalmente, rimango in contatto costante con i genitori di tutti i miei allievi, che non solo partecipano ad ogni lezione almeno fino ai 7 - 8 anni del bambino, ma ricevono da me indicazioni ed informazioni settimanali sul programma da svolgere, le archiviano, rileggono ed "imparano", e mi chiedono delucidazioni e chiarimenti, oltre a darmi idee e suggerimenti su come procedere con i loro figli, su come motivarli maggiormente, e su come gestire alcuni momenti di crisi o indecisione anche in base ai feedback ricevuto dal figlio in seguito ad ogni incontro.

In questo modo, la lezione di musica diventa non solo un'ora di "svago" ( o, ripetiamolo pure!, parcheggio ...) che si concede al bambino interessato alla musica, ma una proposta che il genitore fa al figlio, anche di pochi mesi!, per favorire il suo sviluppo educativo, emotivo, espressivo e globale attraverso la musica, condividendo tale cammino a volte anche con tutta la sua famiglia, che cresce insieme al bambino, e, in caso di difficoltà di sviluppo - ritardo, handicap- o di relazione/comunicazione in famiglia, impara a comunicare con lui, a comprenderlo e farsi comprendere meglio, imparando insieme giochi ed un repertorio musicale, e più avanti strumentale, che può creare ciò che Suzuki chiama la "didattica famigliare" e che rende l'intero percorso di gran lunga più interessante, utile e mirato.

La musica, dunque, può andare "oltre" e non limitarsi all'apprendimento di uno strumento, lasciato alla motivazione del singolo allievo, che spesso, data l'età, vorrebbe passare da uno strumento all'altro "per prova" o cambiare attività appena insorgono le prime difficoltà ... ma diventare un mezzo di crescita, condivisione, relazione e costruzione di legàmi importanti anche a livello famigliare, che poi potranno essere condivisi con fratelli e più avanti amici ... perchè la musica prima di tutto arricchisce e rende persone migliori e più capaci e felici.