domenica 24 settembre 2017

Musica e disabilità : magìa o tecnica? Non illudetevi, è quasi tutto duro lavoro!!

Spesso mi càpita di osservare, soprattutto in chi non è "del mestiere", la tendenza a pensare che nell'apprendimento della musica e di uno strumento ci sia qualcosa di "magico" ed inspiegabile ....

Il senso comune è bombardato da messaggi che enfatizzano concetti quali "Il genio della musica", " Un inspiegabile talento", " l'ispirazione arrivata all'improvviso", " sa suonare tre strumenti... ha imparato un pezzo il giorno prima del concerto"....

e , purtroppo, quando si parla di disabilità, la spettacolarizzazione aumenta ancora di più ....
"Salvato dalla musica" ... "Guarito grazie alle note" ... " Schiacciando a caso i tasti del pianoforte fa cantare la sua anima" .... "Il violino è la sua voce .." ecc..

L'enfasi posta da chi fa musicoterapia sul potere curativo della musica , inoltre, non aiuta a chiarire la questione, ma anzi fa pensare che basti essere disabile e trovarsi davanti ad un qualsiasi strumento musicale per diventare automaticamente un genio, o per iniziare magicamente ad esprimersi con le note senza neppure aver mai visto prima un pianoforte o una chitarra.





In realtà anche i bambini disabili, come tutti gli altri, non possono esprimersi senza aver prima imparato le basi tecniche di uno strumento, e, a differenza di quello che tanti titoloni d'effetto sui giornali vorrebbero farvi credere, non hanno nulla di "magico", ma, proprio come i pari, hanno bisogno di studiare musica prima di saperla padroneggiare.

Non c'è nulla di straordinario in un bambino autistico che sbatte le mani sul pianoforte, è solo un bambino che gioca come qualsiasi altro, e continuando così non imparerà nè a suonare nè ad esprimere sè stesso, ma sarà sempre un bambino che gioca a caso con uno strumento musicale.

Se parliamo di bambini molto piccoli , inoltre, l'apprendimento tecnico ed un lavoro preliminare su alcune competenze di base diventano indispensabili : per poter apprendere, un piccolo deve prima essere in grado di concentrarsi, stare fermo ed avere una buona capacità di attenzione, saper ascoltare, essere in grado di eseguire le richieste, e soprattutto sviluppare una sufficiente capacità di collaborazione, quindi saper accettare i cambi di attività, la fine di una pausa di gioco, e le proposte di attività meno gradite senza mettere in atto comportamenti di rabbia o disagio.

Attenti, però, ho detto SVILUPPARE : non mi aspetto che un bambino di 2-3 anni, ancor di più se disabile o con difficoltà di attenzione o comportamento, che viene a lezione di musica, possieda già tali competenze, ed ovviamente penso sia compito mio aiutarlo a svilupparle, durante i primi periodi di lezione improntati maggiormente sulla propedeutica, e prima di iniziare lo studio dello stumento.




Mi fanno sorridere certi insegnanti, o anche terapisti, che giudicano il bambino "non pronto" per un determinato apprendimento, quando in realtà si tratterebbe soltanto di lavorare in parallelo in prima persona su certi obiettivi per poi arrivare alla propria "materia", ma avendo gettato le basi del lavoro fin da subito e con il bambino anche piccolissimo.

Perchè l'apprendimento è sempre possibile, non ha prerequisiti, basta saper calibrare gli obiettivi ed il tipo di lavoro da svolgere.

I bambini piccoli che studiano musica, quindi, non sono nè piccoli geni nè persone con qualità eccezionali che appena vedono uno strumento sanno come usarlo, ma, in particolare i bambini disabili, sono allievi che lavorano tanto, con e grazie ai loro genitori, sugli aspetti comportamentali, attentivi e didattici, per poter finalmente avere poi il tanto atteso strumento, che nel caso del mio studio è il violino, e continuare a ... lavorare per imparare a suonarlo!

Con gioia è soddisfazione, certo, ma non grazie ad una "divina ispirazione" o ad un "intuito senza spiegazione" .... anche nei casi in cui queste qualità ci siano, le grandi doti vengono poi accompagnate dallo studio e, ancora prima, dal lavoro sugli aspetti comportamentali che ho elencato sopra, spesso anche a casa, con un intervento pisco-educativo comportamentale, che supporta molto il mio lavoro oltre a migliorare davvero la qualità di vita del bambino.





Scusate se preferisco non spettacolizzare nulla e non illudere nessuno, ma dietro alla meravigliosa musica che sentite ai concerti o nei cd c'è prima di tutto la tecnica, c'è il lavoro e ci sono ore passate allo strumento. E se in partenza il giovane musicista ha delle difficoltà di qualsiasi tipo, le ore diventano ancora di più ed il lavoro è, per forza di cose , ancora maggiore.

Ma per me QUESTA è la vera magìa, che spinge a lavorare così tanto per la passione verso la musica e per la gioia che suonare uno strumento può dare a chi lo fa ed a chi ascolta... non sarà inspiegabile, sarà meno poetico e non colpirà se presente nel titolo di un articolo di giornale,

ma la volontà, la tenacia e la passione nel raggiungere obiettivo possono dare una vita ad un magia ancora più grande.



martedì 19 settembre 2017

Le difficoltà nello studio del violino preparano alla vita e supportano la crescita della persona

Nelle famiglie che iscrivono i bambini alle mie lezioni, noto, fin dall'inizio, molti dubbi, perplessità e preoccupazioni, legate soprattutto al timore di esporre il bambino, che a volte è davvero piccolo, a frustrazioni, "sofferenze" ed esperienze negative.

Le prime domande che i genitori si pongono sono "Gli piacerà studiare musica? ", " Sarà portato?", "Si annoierà/stancherà/stuferà?", "Si troverà bene con l'insegnante ed i compagni?" e soprattutto " Come farò a capirlo?". Alcuni bambini delle mie classi collettive, infatti, non parlano ancora bene, e comunque, e due-tre anni non hanno ancora capacità linguistiche sufficienti per spiegare con chiarezza i loro pensieri e le loro opinioni. Ed i genitori si trovano spiazzati ed indecisi, perchè per i loro bambini vorrebbero solo esperienze positive e prive di difficoltà ed incertezze.

Dunque, quando vedono, ad esempio, il loro bambino di 3 anni che, alla prima lezione, non partecipa, si isola o si rifiuta di eseguire gli esercizi, si spaventano e pensano subito che il piccolo non sia motivato, che il percorso sia troppo pesante e difficile per lui, e che sia meglio lasciar perdere e provare qualcos'altro.

Stessa reazione quando, magari dopo un anno, il bambino non ha voglia di studiare a casa, richiude il violino che il genitori ha cercato di proporgli, e si lamenta, dicendo che suonare non gli piace.





Da genitore, è umano voler evitare ai propri figli difficoltà e frustrazione, cercando per loro il meglio e proteggendoli dalle emozioni negative, ma a mio parere, se portata all'eccesso, questa non è sempre la scelta più corretta.

In ogni esperienza e situazione ci sono aspetti positivi ed altri meno, momenti piacevoli ed altri più impegnativi o meno motivanti, e nessuna attività, nessun hobby o apprendimento, ma anche nessuna vacanza, festa, giornata, nessun viaggio, gioco, compito o evento di vita è sempre e solo positivo, interessante, divertente e legato ad un vissuto del tutto lineare .

In ogni momento della vita ed in ogni cosa che facciamo ci sono aspetti positivi e negativi, c'è qualcosa che ci piace e qualcos'altro meno, ci sono la gioia e la fatica, l'allegria e la tristezza, la facilità e la frustrazione.

Quindi, capite che è irrealistico aspettarsi che un'esperienza possa essere, da subito e totalmente, del tutto positiva, o che un bambino, a maggior ragione se molto piccolo, sia sempre collaborante, attivo, interessato e si adatti immediatamente ad un ambiente e ad a persone nuove.





Detto questo, io cerco ovviamente di fare in modo che l'esperienza musicale didattica sia, per i miei allievi, il più gioiosa, serena, divertente e rilassante possibile, rimanendo sempre tranquilla, positiva, incoraggiante e mai critica o punitiva. A lezione giochiamo tantissimo, ridiamo, ci divertiamo .... ma prima o poi arriva quel minuto o due un po' più impegnativo, in cui richiedo massima attenzione e collaborazione ed in cui il bambino deve svolgere esercizi difficili che magari non gli piacciono, e questo può dare adito a qualche momento di fatica o breve frustrazione, che però sia io che i genitori dobbiamo saper gestire rinforzando ed incoraggiando il bambino, senza dare peso alle sue rimostranze ma al contrario facendogli vivere anche questo aspetto in positivo e cogliendone i lati migliori.



Nella vita, infatti, per quanto noi adulti cerchiamo di proteggerli e spianare loro la strada, questi bambini incontreranno comunque difficoltà e momenti più duri, e dovranno affrontarli, proprio come hanno fatto da piccoli con la musica e lo strumento, grazie ai quali svilupperanno una maggiore resistenza, determinazione e tenacia di fronte alle difficoltà.

Quindi vorrei dire ai nuovi genitori : state tranquilli, non preoccupatevi e non scoraggiatevi.

E' normale che un bambino di due-tre anni sia timido in un ambiente nuovo, che, talvolta anche per tutto il primo mese, non partecipi attivamente alla lezione di musica, oppure non canti o non risponda al saluto, e che sembri poco interessato, che non sia ancora in grado di ascoltare l'insegnante o di seguire determinate regole. Parliamo di bambini piccolissimi, con un'esperienza di vita e di socializzazione per forza di cose limitata, con una ridotta capacità attentiva, con tanto bisogno di muoversi, saltare, correre, di cambiare attività al massimo ogni due minuti, e di essere al centro dell'attenzione degli adulti. E' l'età dell'egocentrismo, quindi se vi sembra che non sappiano relazionarsi,  se vedete che vogliono tutti lo stesso strumento musicale o che litigano per provare il violino, sappiate che è tutto nella norma.

Perchè prima di essere bambini che studiano musica, sono piccolini ancora nella prima infanzia, e questo non va mai dimenticato.

Ma se sarete convinti e coinvolti voi, se verrete a lezione di musica con il sorriso, con l'entusiasmo e con la voglia di divertirvi insieme al vostro bambino, prima o poi anche lui inizierà a partecipare, si divertirà e svilupperà la passione per la musica.  Quindi credeteci, non abbiate paura di questa nuova esperienza, e siate voi a trasmettere, insieme a me gioia ed amore per la musica al vostro bambino.



E' normale e molto frequente anche che, una volta iniziato lo strumento, i bambini non abbiano voglia di studiare a casa, oppure che, anche dopo anni, abbiano periodi di crisi e di rifiuto.
Succede a tutti, è fisiologico, ma non è un motivo sufficiente per smettere. Anzi, aiutando il bambino a reagire e ritrovare la motivazione verso lo strumento, gli avrete dimostrato ancora una volta che nella vita ci possono essere momenti di stanchezza in cui tutto sembra difficile ed in cui si perde lo scopo di ciò che si sta facendo, ma nonostante questo si può andare avanti, si può superare la crisi e sentirsi poi più forti, capaci ed anche più appassionati rispetto a prima. Può succedere in qualsiasi attività, nel lavoro, nella vita, in un interesse, ma l'importante è non arrendersi, e la musica è una metafora ed un esempio di quello che i bambini vivranno anche da adulti.

Se ci pensate, sicuramente sarà capitato e capiterà tutt'ora anche a voi, dunque non stupitevi se vedete nei vostri figli cali di motivazione o reazioni di sconforto e rifiuto di fronte alle difficoltà tecniche sullo strumento o a richieste di difficoltà più elevate con il passare degli anni.





E' molto comune, infine, che i piccoli allievi facciano fatica a riprendere le lezioni dopo le vacanze. Siamo a settembre, stiamo per ricominciare, ed il bambino vi dice che non ha più voglia di venire a lezione. Anche in questo caso, tranquilli, è tutto nella norma.
Pensate ancora una volta alla vostra esperienza, anche da adulti : chi di voi ha voglia di riprendere la routine quotidiana, casa-lavoro-spesa ecc..., dopo le vacanze??
Per quanto il vostro lavoro possa piacervi, e per quanto la vostra routine vi soddisfi, non preferireste rimanere al mare o in montagna e continuare a non avere orari nè impegni?
Quindi perchè per i bambini dovrebbe essere diverso?

Per loro suonare è un gioco, d'accordo, ma è pur sempre un gioco impegnativo, che ha bisogno di concentrazione, continuità, di molte ripetizioni e di costanza.
E, soprattutto se il bambino non ha più preso in mano lo strumento per tutta l'estate, (situazione che sarebbe da evitare, ma che si verifica molto spesso), è comprensibile che abbia perso l'abitudine all'esercizio e che faccia molta più fatica a riprenderla.

Quindi, ancora un volta, non scoraggiatevi, perchè una volta ricominciate, le lezioni ritorneranno a far parte della routine quoditiana, e così lo studio a casa e l'esercizio giornaliero, con i suoi momenti di felicità e soddisfazione e quelli di lieve frustrazione e delusione.



L'obiezione più comune alle argomentazioni che ho esposto è " Ma io non voglio obbligare mio figlio a fare qualcosa che non vuole!". Tuttavia non si tratta di obbligare, quanto di motivare, incoraggiare, sostenere, proprio per dare ai bambini l'opportunità di imparare ad andare avanti nonostante le difficoltà e di saper reagire anche quando la vita non sarà semplice.

E potere, dopo, provare ancora più felicità e soddisfazione per esserci riusciti.